Page 72 - Abitare a Campodarsego
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figLio di contadini



era come parlare con un muro.Il campanile di Fiumicello.
Restava solo la strada del cuore: «Quando il Signo-
Il battistero dove viene 
re chiama, bisogna assolutamente rispondere. Egli ̀ battezzato Giacinto e
il padrone e noi i servi. Caro Matteo, Dio ve lo ha dato la chiesa di Fiumicello, 
per i suoi altissimi ini; ora ve lo chiede. Dateglielo di frequentata dal giovane Longhin.

cuore.».
Furono parole decisive. Matteo cap̀ che non doveva 

pensare pì per ś, per la moglie e per il loro futuro, 
ma per Giacinto e per il suo avvenire.

Ricordando quell’incontro, confessava: «Il missio- 
nario continuava a parlare, ma io non sentivo pì le 
sue parole; ero commosso, vivamente commosso. Gli 

risposi: Se ̀ cos̀, se la ̀ proprio cos̀, padre. Come 
Dio me lo ha dato, cos̀ ora glielo dono. Giacinto si fac- 

cia pure frate; il Signore sa gì che ci siamo anche noi 
e spero che non ci dimenticher̀».
I mesi che seguirono videro Giacinto tutto intento 

a prepararsi per il grande giorno della partenza: pro- 
seguire gli studi d’italiano e di latino, procurarsi i do- 

cumenti necessari, ma, soprattutto, vivere pì intensa- 
mente il suo rapporto con Dio.

Part̀ all’alba del 18 agosto del 1879, aveva quindici 
anni e quasi nove mesi, avviandosi verso Venezia, per 
presentarsi ai superiori dei cappuccini.

Pochi anni prima di morire, in un predica tenuta a 
Fiumicello, il vescovo Longhin ricorder̀ cos̀ il gior- 

no della sua partenza per il convento del SS. Reden- 
tore di Venezia: «Mia mamma piangeva, poveretta, 
nel vedermi partire, ma io la consolai, dicendole: la 

Provvidenza provveder̀!».











































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