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«Un soggiorno degno di un re» nei pressi di Codroipo:
così Carlo Goldoni descrisse nelle sue memorie
«l’immenso palazzo e i superbi giardini di Passariano
dei conti Manin nobili veneziani». |
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illa Manin di Passariano è non solo la più grande villa del Nord-Est italiano, se non forse dell’Italia intera, ma è anche quella più integra, se consideriamo il complesso nella sua interezza. Fu edificata per volontà dei Manin, una famiglia che era stata esiliata da Firenze insieme a Dante e che ricostruì a Udine la propria prosperità. Tali divennero infatti la sua ricchezza, reputazione e influsso, che nel Seicento molti dei suoi membri ricoprirono cariche e ruoli politici di altissimo livello nello Stato veneziano, e che costante fu la loro attività di mecenati e sostenitori di iniziative sociali e culturali. Il culmine della potenza i Manin lo raggiunsero con l’acquisizione del titolo di patrizi veneziani, pagato con una “elargizione” in denaro alla Serenissima che, se valutata in moneta corrente, equivarrebbe a una notevole somma di miliardi. Con l’ascesa al patriziato iniziarono anche i lavori di costruzione della villa.
Il suo nucleo primitivo, secentesco, venne ampliato attorno al 1700 nelle forme che ancora oggi ammiriamo e che ne fanno un unicum nel panorama delle ville venete. Essa appare infatti a chiunque la venga a visitare più come una residenza di carattere mitteleuropeo che una villa, e questo a causa delle sue immense proporzioni. E tuttavia essa è davvero una villa, nel senso italiano del termine, poiché fu pensata come residenza di campagna privata. Soltanto, ed è questo un particolare decisivo, la famiglia dei proprietari possedeva ricchezze quasi incalcolabili. Anche quando un Manin divenne l’ultimo doge di Venezia e soggiornò alcune volte nella villa di Passariano, essa rimase comunque proprietà privata della famiglia e non residenza ufficiale del doge. In essa si trovano riunite in modo originalissimo tutte le caratteristiche tradizionali proprie della villa dei territori di influenza veneziana; in questo senso villa Manin può fornirci un riassunto esemplare della cultura della “villeggiatura”, testimoniandone allo stesso tempo il punto di arrivo definitivo.
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Al centro del complesso osserviamo l’imponente casa padronale, dalla tipica struttura veneziana, benché aumentata a dismisura: la sala centrale si sviluppa adesso su tre piani e si distende su cinque aperture finestrate. Da questa si dipartono infinite fughe barocche di stanze laterali, mentre al primo piano venne ulteriormente arricchita, nel corso del Settecento, con l’aggiunta sui lati di appartamenti aristocratici ai quali si accede attraverso scale di dimensioni gigantesche, che però, forse proprio per questo, oggi ci appaiono piuttosto insulse. Una delle caratteristiche più originali di questo edificio è costituita dall’accento posto sul pianterreno invece che, come consuetudine, sul piano nobile. Al pianterreno si trovano infatti le sale più sfarzose: ciò indica una volontà inconsueta di mettersi in relazione diretta con il giardino, con la natura, cosa che normalmente è una caratteristica delle palazzine di caccia, che sono costruzioni assai più piccole di questa. Questo aprirsi verso l’esterno è sottolineato grazie all’espansione del corpo centrale, al pianterreno, in due ampie ali laterali, costruite secondo l’ideale rinascimentale della villa, intesa come edificio allargato e poco elevato. Da qui si espandeva infine uno dei giardini barocchi più vasti d’Italia, ancor oggi riconoscibile in alcuni suoi elementi, ma in particolare nel chilometrico perimetro delle sue mura di recinzione. Le stanze della villa si aprivano così su questo parco immenso, attraverso prospettive innumerevoli e splendide, rese quasi sconfinate dagli assi ottici dei sentieri rettilinei. Il legame così stretto tra villa e territorio è percepibile ancor oggi soltanto se ci si pone nel salone centrale e si lascia partire lo sguardo in avanti e all’indietro: lo si perderà nella linea infinita dei viali che da qui si dipartono. Le altre direzioni assiali un tempo previste sono state annullate con la piantagione di numerosi gruppi d’alberi, a seguito della reinterpretazione data al parco in epoca romantica. Ed è questo aspetto romantico, quello che ancor oggi si presenta al visitatore.
(continua →)
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