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Villa Manin si inserisce nella lunga e pura tradizione delle ville venete anche per il fatto di essere adibita, in alcune sue parti, aggregate armonicamente alle zone d’uso abitativo, a funzioni proprie di una grossa azienda agricola. I modelli più famosi e influenti di questo genere di architettura di villa risalgono a Palladio e anche a villa Manin se ne possono ritrovare svariati elementi. Ciò non toglie che l’effetto generale che se ne trae sia tutt’altro che palladiano. È svanita la semplicità campagnola delle forme, così come il permearsi degli spazi agricoli a quelli residenziali: lo scopo che qui si dichiara, in senso architettonico è quello di creare una grande residenza adibita allo svago e alla ricreazione. La differenza con la villa palladiana si fa chiara soprattutto se si osservano gli archi di passaggio posti sulle ali fortemente allungate del palazzo. Ciò che in Palladio era pensato appunto come passaggio e collegamento con i campi agricoli, qui è senza porte e senza alcuna apertura, ha cioè la funzione contraria di demarcazione tra la zona riservata alla manifestazione dello sfarzo principesco e quella del lavoro dei campi. A questi ultimi non si accederà più dalla corte interna, per non disturbare la visione architettonica della magnificenza barocca.
Degli antichi arredi interni non è purtroppo rimasta quasi alcuna traccia, se si escludono alcuni mobili, che possono servire solo come pallidissimo indizio delle più importanti fasi artistiche nella storia della villa. Rimangono, è vero, in perfetto stato di conservazione, le decorazioni in stucco e affresco, ma le loro assai mediocri qualità non riescono a “riempire” il vuoto reale delle sale. La villa fu spesso centro di importanti avvenimenti storici friulani; il suo parco barocco, di cui si può vedere la ricostruzione in un grande plastico, così come le statue e altri elementi sparsi nel complesso, furono testimoni nel xviii secolo di alcune tra le più splendide feste celebrate dalla Repubblica di Venezia.
Nel 1797 questa stessa epoca di fasti trovò proprio qui la sua fine emblematica, con la firma del trattato di pace di
Campoformido, nel quale si cedono all’Austria una parte considerevole dei territori friulani, il cui destino conosce così una svolta decisiva.
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Nel 1917, a seguito della rotta di
Caporetto, sul fronte dell’Isonzo, i Manin si rifugiano a Roma, mentre la villa viene saccheggiata. È proprio in questa dolorosa occasione che andò perduto quasi completamente il suo arredo storico, e in particolare la quadreria. Ciò che trovarono le truppe tedesche e austriache al loro ingresso in Passariano furono dunque sale devastate e vuote, talché fu necessario trovare rapidamente alcuni mobili di ripiego per accogliere i due imperatori Guglielmo e Carlo, giunti in villa a festeggiare la vittoria.
Dopo le turbolenze della guerra i Manin riuscirono a ritrovare, tornando in Friuli, numerosi dei loro tesori nelle case contadine dei dintorni, ma i tempi d’oro della villa erano ormai tramontati definitivamente. Essa venne usata sempre meno, sino a che il suo stato di degrado divenne talmente grave che lo Stato decise, nel 1962, l’alienazione del bene architettonico, il suo acquisto e l’inizio dei lavori di restauro dell’intero complesso sotto le cure della Regione. Gli anni settanta e ottanta rappresentano un nuovo periodo di fioritura per la villa, divenuta centro espositivo regionale e tra i musei più visitati del Friuli-Venezia Giulia.
Attualmente il problema dell’utilizzo sempre più diversificato degli spazi interni ha reso problematico lo svolgimento delle attività espositive, cosicché lo sforzo maggiore degli amministratori e del conservatore della villa si è adesso concentrato sulla rivalorizzazione della villa in quanto tale, sul volerne documentare visibilmente e con chiarezza i vari momenti della storia, da quelli più splendidi a quelli più amari. Solo così sarà possibile recuperare e rendere manifesto ai visitatori della villa ciò che essa è sempre stata: il più importante palcoscenico della storia friulana e l’esempio più magnificente della cultura del patriziato udinese in regione.
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