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Il Museo Archeologico Nazionale
Le collezioni del museo iniziarono a formarsi grazie ai reperti
rinvenuti negli scavi eseguiti a Cividale dal canonico conte Michele
della Torre Valsassina tra gli anni 1817 e 1826 in seguito ad un
incarico avuto direttamente dall’imperatore Francesco i nel 1816. Nel
1886 fu decisa la fondazione del museo e nel 1889 venne acquistato il
palazzo già della famiglia de Nordis in piazza Duomo, destinato a prima
sede del museo. Dal 1990 il museo è stato trasferito nella sua nuova
sede, il palazzo dei Provveditori veneti, sul lato est di piazza Duomo.
Il progetto del palazzo è attribuito ad Andrea Palladio e la sua
costruzione risalirebbe agli anni tra il 1565 e il 1596. L’attuale
sede è stata inaugurata con la mostra “I Longobardi”, in seguito
divenuta permanente e accresciuta con ulteriori materiali.
Nel museo prevalgono i reperti longobardi, che documentano la presenza
di questo popolo in Forum Iulii. Le collezioni longobarde del museo
cividalese si collocano per importanza al secondo posto in Italia dopo
quelle del Museo dell’Alto Medioevo a Roma, che conserva i materiali
delle necropoli di Castel Trosino e Nocera Umbra.
Il museo cividalese custodisce anche altri reperti per lo più di età
altomedievale, rinvenuti in diversi punti della regione. L’attuale
esposizione si articola in due piani; al pian terreno vi è la sezione
lapidaria suddivisa in varie sezioni: romana, altomedievale, romanica e
rinascimentale.
Dalla sezione romana segnaliamo alcuni mosaici pavimentali, tra cui uno
del i-ii sec. d.C. con la raffigurazione di una divinità marina (Natisone
divinizzato oppure Oceano), una serie di iscrizioni latine e in
particolare un basamento di statua dedicata all’imperatore Caracalla.
Il piano nobile del palazzo ospita la sezione longobarda che si sviluppa
in sette sale, una pregevole collezione di monete longobarde
recentemente depositate nel museo e un gruppo di reperti bronzei romani
provenienti da Zuglio Carnico.
Nella sezione longobarda sono esposti i reperti provenienti dalle
necropoli. La fonte principale per conoscere aspetti della vita e della
cultura materiale dei longobardi è costituita appunto dalle sepolture
con corredo. L’usanza del corredo risponde a un rito funerario che non
conosciamo nella sua totalità e che varia caso per caso, riflettendo
una precisa visione dell’aldilà: secondo la mentalità dell’epoca
il defunto continuava a vivere oltre la morte con lo stesso ruolo
sociale, conservando anche i legami di parentela avuti in vita.
I defunti
venivano seppelliti con i vestiti tradizionali completi degli accessori
metallici relativi all’abbigliamento sia nelle tombe femminili, sia in
quelle maschili, dove venivano incluse anche le armi. Oltre a questi
oggetti venivano talvolta aggiunti ulteriori gioielli e una vasta gamma
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oggetti offerti dai parenti al momento della sepoltura.
Le tombe italiane della generazione immigrata si
riconoscono perché riflettono gli stessi usi funerari e contengono gli
stessi reperti delle tombe della Pannonia. Una delle novità più
importanti nei corredi longobardi italiani è costituita dalle croci
auree, che compaiono saltuariamente in tombe maschili e femminili di
adulti e minori. Si tratta di oggetti di uso specificamente funerario
assunti dai longobardi per assimilazione di un’abitudine tipica
dell’area mediterranea. La croce veniva cucita su un velo o su un
sudario che era posto sul volto del defunto.
Le principali necropoli longobarde a Cividale sono state scoperte in
area extraurbana, cioè fuori dalle mura tardoantiche della città, dove
i longobardi al loro arrivo a Cividale iniziarono a seppellire i morti,
sia in aree già usate dalla popolazione locale, sia in aree nuove. Si
può stabilire uno sviluppo cronologico nell’uso delle aree sepolcrali
da parte dei longobardi, con la presenza delle tombe più antiche nelle
zone a nord-est (necropoli Cella-San Giovanni), a nord (necropoli di San
Mauro) e a ovest della città (necropoli Gallo e Santo Stefano), per poi
in seguito apparire anche nel centro urbano e nella zona a sud-est
(piazza della Resistenza, chiesa di San Pantaleone) e a sud-ovest di
Cividale (Grupignano).
I materiali provenienti dai siti appena citati fanno bella mostra di sé
nel Museo archeologico nazionale: dalla necropoli Cella-San Giovanni,
scavata a due riprese nel 1821-22 e nel 1916 provengono un buon numero
di fibule tradizionali longobarde (a “S” e a “staffa”) arrivate
a Cividale con la prima generazione e altri esemplari di epoca
successiva. Notevoli sono i numerosi elementi di collane costituite da
imitazioni barbariche di monete bizantine. Dalla necropoli Gallo, venuta
alla luce negli anni 1949-51, si segnalano dei corredi maschili e
femminili contenenti materiali dell’epoca dell’immigrazione, con
armi e gioielli caratteristici. Della necropoli di Santo Stefano scavata
negli anni 1960 e 1987-88 sono esposti un gruppo di ricchi corredi
tombali della fine del viinizi del vii secolo contenenti numerose croci
auree, broccati aurei delle vesti, guarnizioni di cinture auree e in
ferro ageminato, recipienti bronzei e in vetro, pedine da gioco, nonché
armi e una splendida fibula a staffa che costituisce un unicum.
Ricordiamo infine il corredo della tomba cosiddetta del duca Gisulfo,
esposto in un’apposita saletta.
La sepoltura entro sarcofago fu scoperta casualmente nel 1874 nella
piazza Paolo Diacono e il corredo è uno dei più ricchi rinvenuti a
Cividale. In particolare la presenza di fili aurei che ricamavano la
veste e dell’anello sigillare indicano l’importanza e l’alto grado
sociale del guerriero sepolto. Il corredo è databile a poco dopo la metà
del vii secolo e per questa ragione rimane il dubbio sull’identità
dell’altolocato personaggio longobardo. |
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