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1230 i primi frati di San Domenico si stabilirono nella capitale
della Marca, di fatto invitati dal Comune; uno speciale statuto
riservò loro il contributo pubblico di 500 lire, aumentabili,
per i nuovi chiesa e convento.
In tal modo i trevigiani intesero rispondere positivamente alle pressanti sollecitazioni fatte da papa Gregorio IX ai Comuni della Lega Lombarda, a cui la guelfa Treviso aderiva, per la riconciliazione delle fazioni politiche, la tutela dei privilegi ecclesiastici e, soprattutto, per l’urgentissima battaglia contro il dilagare degli eretici, “volpi nella vigna del Signore”. Infatti, le azioni pacificatrice, moralizzatrice e, soprattutto, di militante difesa dell’ortodossia cattolica erani i compiti primari dell’ordine di San Domenico, grande alleato del papato nel tentativo di tenere sotto controllo la turbolenta situazione politica dell’Italia settentrionale e, contemporaneamente, per difendere la fedeltà alla Chiesa di Roma nell’intero ambito europeo. I
Domini-canes, pugnaci “cani da guardia del Signore”, agivano capillarmente nelle vivaci città comunali soprattutto mediante l’accesa predicazione, fondata su una solida formazione dottrinale teologica
(pressochè ogni convento includeva uno studium con annessa biblioteca).
A Treviso essi presero sede al margine sud
occidentale dell’abitato, presso il Sile, in un ampio terreno
libero che proprio allora si stava comprendendo dentro l’anello
delle nuove mura; là pare vi fosse già un’antica cappella dedicata
a San Nicola (o Nicolò). Significativo osservare che fu scelta
una posizione urbana diametralmente opposta a quella in cui,
contemporaneamente, stavano stabilendosi i Francescani, impegnati
nella medesima missione, pur condotta con metodo e stile tanto
diversi. Le costruzioni dovettero concretizzarsi nell’arco di
più decenni, progredendo parallelamente al favore incontrato
dai frati presso i trevigiani, presto dimostrato dal vario coinvolgimento
nelle funzioni del
Comune, dal formarsi presso di loro di attive associazioni laicali
caritative e devozionali e da crescenti offerte, legati, richieste
di sepolture da parte di privati cittadini. La prima chiesa
a navata unica, lunga esattamente 24 pertiche e larga sette
(49 x 14 m), era di discrete dimensioni, non molto inferiori
a quella di San Francesco; lo sappiamo da un documento del 1282
in cui essa è data per modello alla costruenda Santa Margherita
degli Eremitani.
In questo convento iniziò la vita religiosa un trevigiano dagli alti destini: Nicolò Boccassino
(1240-1304). Uomo di grande pietà e cultura, divenne Provinciale
dei Domenicani per la Provincia Lombarda e,
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quindi, Maestro Generale dell’Ordine (1296), insegnando anche presso la prestigiosa università di Parigi, sulla cattedra già di San Tommaso d’Aquino. Divenuto stretto collaboratore e consigliere di papa Bonifacio
VIII, fu da lui creato cardinale vescovo di Ostia e mandato nunzio di pace tra Francia e Inghilterra, quindi legato pontificio in Polonia e Ungheria. È tradizione che nel 1303, al ritorno dalla missione in Ungheria, di passaggio per Treviso egli abbia offerto 25.000 fiorini d’oro, frutto del risparmio fatto nel viaggio da lui e dal seguito, destinandoli all’ampliamento e abbellimento della chiesa del suo originario convento. Dopo pochi giorni, il 22 ottobre, nella tumultuosa situazione politica lasciata da Bonifacio
VIII, proprio al Boccassino toccò la difficilissima successione, assumendo il nome di Benedetto
XI. Essendo Roma in mano alla fazione dei Colonna, da lui scomunicati, egli si stabilì con la corte pontificia a Perugia, da lì tentando mediazioni anche col dichiarato competitore Filippo il Bello re di Francia, graziato della scomunica.
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