SILVIO SCORTEGAGNA |
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l panorama visibile da
Thiene è in buona parte orlato da monti. Dalle basse colline della Lessinia
orientale in direzione di Malo, all’incombente Monte Summano, alle pendici
dell’Altopiano di Asiago orlate dalle rupi del Monte Cengio e del Paù, ai
vicini colli vulcanici delle Bregonze, l’occhio scorre su boschi, prati,
pascoli, rocce, tutti ambienti ricchi di una flora la cui importanza biologica
è spesso ignorata o sottovalutata. Solo la fama delle fioriture
del Summano supera l’ambito strettamente locale. Questo monte, forse favorito
anche dalla sua notorietà come meta di pellegrinaggio, non mancò di attirare
l’attenzione dei botanici europei che vi trovarono una grande concentrazione di
specie rare a breve distanza dall’importante centro di studi botanici dell’Orto
di Padova. Le prime notizie certe
sull’esplorazione floristica del Monte Summano risalgono alla fine del
Sedicesimo Secolo e più precisamente al 1583, quando il semplicista fiammingo
Giuseppe Casabona intraprese, per conto di Francesco de’ Medici, una lunga
esplorazione dell’Italia centro - settentrionale allo scopo di raccogliere
piante rare per arricchire i giardini del Granduca di Toscana. Nei suoi
resoconti di viaggio, il Monte Summano viene descritto come ricchissimo di
specie rare e pregiate e ammantato di ombrose foreste. Da questo momento, il Monte
divenne una tappa obbligata per molti tra i più valenti naturalisti delle
rispettive epoche: Johannes (1541-1613) e Kaspar Bauhin (1560-1624) di Basilea,
il brandenburghese Kristian Mentzel (1622-1701), il modenese Giovanni Gerolamo
Zannichelli (1662-1729), il vicentino Antonio Turra (1730-1796), Kaspar von
Sternberg (1761-1838) di Norimberga, Giuseppe Moretti (1782-1853), Ciro Pollini
(1782-1833), i bassanesi Antonio Parolini (1788-1867) e Alessandro Spranzi
(1802-1890). Il Monte Summano venne ampiamente citato nelle più importanti
flore italiane dell’Ottocento, quelle di Antonio Bertoloni (1775-1869) e di
Filippo Parlatore (1816-1877), che registrarono piante loro spedite da numerosi
corrispondenti secondo l’uso dell’epoca. L’ultimo elenco floristico del Summano
finora pubblicato porta la firma di Leopoldo Falda e la data 1899. Se
questo monte ha goduto di così ampia fama, i suoi dintorni vennero molto meno
esplorati. Gli elenchi di specie riportate dagli Autori fanno però pensare che
il toponimo “Summano” venne usato dai botanici in senso molto ampio, quasi a
voler dare maggiore importanza a piante raccolte sul Novegno, sul Pasubio o
sulle pendici dei Sette Comuni. Le altre cime dei dintorni non sono certo meno
ricche di fiori: tutte le piante che costituiscono la “gloria” terrena del
sacro monte di Sant’Orso e di San Prosdocimo possono essere osservate anche in
altri rilievi vicini. Un’area
con elevata biodiversità, quindi: ma quali sono le cause di questa
straordinaria ricchezza floristica? La disponibilità di ambienti molto
diversificati è certamente un fattore molto importante: sono disponibili
microclimi aridi e molto soleggiati, versanti esposti a Nord particolarmente
freddi e umidi, substrati calcarei e silicei (sulle Bregonze), suoli evoluti e
superficiali, forme di uso umano del territorio molto varie. Ma la varietà
ecologica non è il solo fattore in gioco. Come
ogni altra entità biologica, la flora di un territorio si modifica
continuamente, in tempi che ci sembrano lunghi solo perché siamo abituati a
misurare col metro della nostra breve vita. Le moderne teorie biogeografiche ed
evolutive mettono in rilievo che il ritmo dei cambiamenti non è continuo:
periodi relativamente tranquilli si alternano a epoche di profondi
rinnovamenti, che spesso seguono i grandi sconvolgimenti climatici.
L’importanza di questi “fattori storici” è almeno pari a quella dei fattori
ecologici attuali. Per
la storia della nostra flora, i due eventi più importanti sono stati: (a)
l’avvicendarsi delle condizioni climatiche tra la fine dell’Era Terziaria e
l’attualità, e (b) l’addomesticamento del paesaggio da parte dell’uomo. | |||