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rifugiandosi nei microclimi adatti, dove ancor oggi possono essere osservate.
Nel
Postglaciale, l’azione delle forze naturali si intreccia sempre più
strettamente con l’azione umana, tanto che non è più possibile distinguere
chiaramente le une dall’altra. L’uomo ha creato, con il disboscamento, il
dissodamento, il pascolo, l’incendio e altro ancora, un insieme di ambienti
totalmente nuovi, nei quali si diffusero specie che prima erano confinate in
rari ambienti (radure, rocce, orli di pareti rocciose, margini boschivi). Le
specie originarie delle steppe trovarono habitat ottimali nei pascoli privati
della copertura forestale e l’aumento dell’aridità conseguente al disboscamento
favorì le specie mediterranee. Volontariamente o meno, l’uomo ha trasportato e
diffuso vegetali di diversa origine, dal castagno alla robinia, dal papavero al
topinambur, tutte piante che mai, da sole, avrebbero potuto giungere ad
allignare in queste zone. Si può dire che l’azione dell’uomo, lungi dall’essere
quella sorta di catastrofe che molti ritengono, ha enormemente ampliato le
possibilità di diversificazione della flora.
La
ricchezza floristica dei nostri monti è dovuta a tutto questo insieme di
fattori ecologici, storici, geografici e umani e ad altro ancora. A quanto può
ammontare questo patrimonio floristico? Una stima sulla base delle più recenti
ricerche permette di stimarne in almeno 1200 – 1400 specie confermate la consistenza
complessiva, valore di tutto rilievo se si considera che si tratta di circa la
metà della flora veneta e di circa un quinto di quella italiana. Tra queste,
sono molte le specie che possono essere considerate rare, endemiche o comunque
significative. Nell’evidente impossibilità di enumerare tutte le emergenze
floristiche, verrà dedicato un breve cenno solo ad alcune particolarmente
importanti, nella consapevolezza di trascurarne moltissime altre ugualmente
meritevoli di nota.
L’erba
perla rupestre (Moltkia suffruticosa)
è una pianta della famiglia delle boraginacee particolarmente vistosa in maggio
– giugno, quando le sue corolle blu cobalto punteggiano i pendii aridi e
rocciosi. Vive solamente lungo il bordo delle Prealpi vicentine, dal Monte Grappa
al Summano, e in Toscana, sulle Alpi Apuane. Questa strana disgiunzione viene
interpretata come un effetto delle glaciazioni quaternarie, che ne hanno
provocato la distruzione delle stazioni comprese tra questi due areali relitti.
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