Montecchio
Maggiore
|
LA
VISITA DI CARLO V
|
Limperatore,
con lultima rosa del giardino appuntata sul petto, ritorna a ricevere
gli omaggi, in una splendida scenografia rinascimentale, allietata da
musici, giullari e buffoni di corte.
|
ano
1532 adì 3 de Novenbre alozette lo nperatore in questa Vila
Gualda». Queste parole, incise su una piccola lapide, accolgono
il visitatore che varca la soglia della Biblioteca Civica di Montecchio
Maggiore.
Liscrizione, conservata un tempo allinterno di Palazzo Gualdo,
è una delle testimonianze del soggiorno dellimperatore Carlo
V nel centro castellano avvenuto nel 1532. Quando giunge a Montecchio,
Carlo V ha 32 anni. È nato a Gand, nelle Fiandre, il 24 febbraio
1500 da Filippo il Bello DAbsburgo, signore dei Paesi Bassi, e da
Giovanna, successivamente soprannominata la Pazza, figlia
di Ferdinando e Isabella di Spagna, erede dei regni di Aragona e Castiglia.
Nel 1516 è re di Spagna, di Napoli e dei Paesi Bassi. A 19 anni,
alla morte del nonno paterno Massimiliano dAbsburgo, è già
padrone di un impero immenso costituito nel giro di pochissimo tempo da
una girandola di matrimoni reali, morti precoci ed eredità inaspettate,
e si è procurato anche la corona imperiale versando una somma enorme
agli Elettori di Germania. Domina su un territorio che, grazie alle scoperte
iniziate da Cristoforo Colombo, per conto dei nonni materni Ferdinando
e Isabella, si estende su due continenti, un impero dove «non tramonta
mai il sole». Nel 1527 le orde dei suoi lanzichenecchi, che Machiavelli
definisce «belve umane, con nulla di umano oltre la faccia e la
voce», saccheggiano Roma per un mese e assediano il papa Clemente
VII Medici in Castel SantAngelo, quello stesso Clemente VII che
nel 1530 a Bologna porrà sul capo di Carlo V la corona ferrea dItalia
e quella aurea dellImpero. Due
anni dopo, il 3 novembre, questo sovrano itinerante, che passa
la maggior parte della sua vita in viaggio tentando di amministrare territori
in cui si parlano almeno dieci lingue, giunge a Montecchio.Partito da
Vienna, dopo aver sconfitto 300 mila Turchi, è diretto a Bologna
per incontrare ancora una volta Clemente VII: tenterà, senza successo,
di convincere il pontefice a convocare un Concilio per riformare la chiesa
cattolica. Lungo il percorso, attraverso il territorio della Serenissima,
Carlo V è ospite dei nobili locali. A Montecchio sarà la
famiglia Gualdo ad accoglierlo nel suo Palazzo, sito nel centro del paese
ma del quale non restano più tracce. Le mappe dellepoca mostrano
che sullarea delle attuali Casa della dottrina e Canonica di San
Vitale sorgeva una dimora a forma di castello con due ali simmetriche
collegate da un elemento centrale in cui si apriva un arco sormontato
da una robusta torre. Intorno al palazzo si stendeva un vasto parco con
giardini ed orti dove venivano allevate lepri per la caccia con il falco.
Carlo V, dopo aver fatto tappa a Bassano e Sandrigo, il pomeriggio del
3 novembre 1532, tra due ali di popolo festante giunge nel cortile del
palazzo dove è ricevuto e salutato da Giacomo e Stefano Gualdo
e dai legati della Repubblica Veneta, Nicolò Morosini e Francesco
da Porto.Il sovrano è un uomo vigoroso, nel pieno delle forze,
noto come buongustaio. A tavola mangiava una tale quantità di cibi,
che i suoi camerieri si domandavano se il re fosse dotato di uno stomaco
diverso da quello degli altri uomini. Un suo biografo scrive: «Mangiava
e beveva proprio quello che meno gli si addiceva: a mezzodì eccedeva
nel rimpinzarsi di pesanti pietanze di carne e, a dispetto di tutte le
esortazioni, beveva di preferenza e sempre nei momenti più inopportuni
grandi boccali di birra fredda (
) e non facevasi riguardo di dar
mano al vin del Reno».
|
Inascoltati il suo confessore che lo esortava ad astenersi dai cibi nocivi
alla sua salute e quanti lo scongiuravano di limitarsi nel cibo e nelle
bevande ricordandogli che: «la gota se cura tapando la boca».
È
forse questa fama a spingere i suoi ospiti ad offrirgli, secondo quanto
riportato nelle cronache di Montecchio: «
nove botti di ottimo
vino, nove grandi ceste di pane candido e fresco, sei buoi grassissimi
e dodici vitelli gia macellati, cento paia di pernici, altrettante di
capponi e di galline, quattordici paia di pavoni, altrettanti fagiani
e due galli selvatici; il tutto adorno di bandiere e festoni intrecciati
».
Limperatore ringrazia i suoi ospiti e informato che nel parco della
villa cè molta selvaggina indossa una casacca da cacciatore
e a piedi, accompagnato da due suoi cani e da alcuni cortigiani, si cimenta
in una battuta alla lepre. Sempre secondo le cronache anche una pianta
di fichi ha il suo momento di gloria: limperatore, ghiottissimo
di quel frutto, ne coglie una decina che gusta avidamente. Riceverà
ancora dei regali a titolo personale da parte di Stefano Gualdo «otto
paia di pavoni vivi, in parte bianchi; trenta grossi ed ottimi prosciutti
con
grossi cedri
» ed una rosa, una delle ultime del giardino del
palazzo, che si appunterà
nel petto e porterà per lintera giornata. Carlo V ricambia
lospitalità e i doni ricevuti elargendo titoli e privilegi
alla nobiltà vicentina e lasciando fama di grande prodigalità
tra il popolo con gesti che per lepoca erano tali da essere riportati
nelle cronache locali e, senzaltro, motivo di infiniti commenti
per molto tempo dopo il suo passaggio: ad un povero, che alla vista dellimperatore
aveva eseguito dei salti acrobatici, dona sei monete, mentre una moneta
ciascuno ricevono i servi che avevano portato i doni.
Il 4 novembre, Carlo V riparte da Montecchio, diretto a Veronella, Mantova ed infine Bologna, meta del suo viaggio. Per i Gualdo il passaggio di Carlo V è di grande importanza: aumentato prestigio della famiglia in ambito della nobiltà vicentina, in sede locale, grazie ai nuovi titoli e privilegi, maggior forza per contrapporsi al Comune di Montecchio per sottrarsi ad obblighi fiscali quali il diritto di decima, di uso delle acque, di sfruttamento dei pascoli. Inoltre, la sosta imperiale consoliderà i legami tra la Casa dAbsburgo e i nobili vicentini tanto che numerosi militeranno nelle armate imperiali, nelle varie guerre in Europa. Anche il Comune di Montecchio nelloccasione fa la sua parte: alcune annotazioni dellInventario dellArchivio Comunale di Montecchio Maggiore del 1641 ricordano le spese sostenute dallAmministrazione per ospitare «il grandissimo esercito di Pedoni e Cavalli» che in realtà recano poco danno alla popolazione. Laccoglienza generosa dei Gualdo e la disponibilità del Comune, risparmieranno quindi agli abitanti e ai raccolti i danni che accompagnavano sempre il passaggio dei soldati al seguito della corte. A ricordare questo avvenimento con lo scopo di tenere viva la memoria storica e approfondire alcune tematiche socio-culturali del XVI secolo, lAssessorato alla Cultura di Montecchio Maggiore ha organizzato la giornata-evento Omaggio allImperatore presso Villa Gualdo. Alla rievocazione storica ha fatto da splendida cornice la cinquecentesca dimora di campagna della nobile casata, ora di proprietà della famiglia Spina-Veronese resa disponibile e aperta per loccasione alla cittadinanza. Per una intera giornata ci si è potuti immergere in pieno Rinascimento, accompagnati da figuranti in costumi dellepoca, armigeri, musiche e danze del Cinquecento. |