Piazza dei Signori
VICENZA
 

Il foro palladiano.

 
         
 
gni centro della provincia veneta, grande o piccolo che sia, ha sempre destinato un luogo nel quale i suoi abitanti potessero riunirsi, assistere o partecipare a qualche evento, sia che fosse ricorrente o particolare. Il luogo non poteva essere che una piazza centrale, nel corso dei secoli servita alle pubbliche grida, ai festeggiamenti per la festa del patrono, alle processioni religiose, le parate militari, le cerimonie civili o patriottiche, i comizi politici, gli spettacoli, le luminarie e i fuochi d’artificio.
Ogni momento della nostra storia millenaria ha quindi avuto come protagonista la piazza, luogo deputato per eccellenza alla vita pubblica della nostra comunità.
Basta affacciarsi alla piazza dei Signori di Vicenza, l’antico Peronio, per cogliere all’istante la tipica venezianità sposata alla magnificente classicità palladiana. Sullo sfondo le colonne del Leone e del Redentore e a oriente la gigantesca Basilica, o palazzo della Ragione.
Accanto ad essa, sullo spigolo sinistro, svetta l’agile canna della torre civica, mentre sul lato nord insiste la stupenda loggia del Capitaniato, altro capolavoro di Andrea Palladio, che riproduce le fattezze dei monumenti romani.

Questo duplice segno di venezianità e di classicità conquista ogni visitatore che arrivi nella piazza dei Signori (la quale potrebbe dirsi anche la piazza dei mercanti, tutt’uno com’è con le contigue piazza delle Biade e delle Erbe), rimasta ancor oggi, dopo secoli e nonostante la ridistribuzione dei mercati in altri siti della città, il centro pulsante di ogni pubblica e privata attività. La gente intorno alla torre fa mercato come un tempo intorno all’olmo o al platano del quadrivio paesano, e si rifugia all’ombra della Basilica palladiana come sul sagrato della propria chiesa.
E se alza lo sguardo intorno sente con orgoglio la sua parte di "nobiltà", leggendo nel fastigio di quelle solenni arcate e nel fiammeo guizzo della snellissima torre la comune origine di quanti sono vicentini disseminati nella vastità del territorio circostante. "Il bovaio come il laniere, il vignaiuolo come il cotoniere, quanti lavorano e sudano nei campi e nelle officine, tutti si sentono artefici d’una floridezza comune che in Vicenza s’esprime e s’incentra esaltando nel fascino immortale dell’arte la bellezza della sua terra. Così la gloriosa tradizione del passato si perpetua nelle opere fruttifere del presente e si proietta verso l’avvenire a forgiare nel lavoro una rinovellata prosperità." (G. De Mori)

(continua ®)