Questa fabbrica, che costituisce l’altro polo della riqualificazione seicentesca, venne iniziata nel 1610 a ridosso delle mura della ex cittadella sempre su progetto di Domenico Curtoni che realizzò il piano inferiore a bugnato, scandito da tredici fornici formanti un grande sottoportico, e la parte destra del piano superiore.
L’edificio, sorto come luogo di rassegna delle truppe e di esercizi militari, venne abbandonato già nel 1614 e lasciato in un prolungato stato di degrado, cui si porrà rimedio solo nel 1836 quando verrà completato da Giuseppe Barbieri e Enrico Storari, che realizzarono anche la gradinata d’accesso per compensare l’abbassamento di quota della piazza.
 
 
 
Di questi ultimissimi tempi è il recupero del complesso a sede di congressi e di esposizioni su progetto dell’architetto Luigi Calcagni.
A rimarcare la riqualificazione dell’area destinata a diventare la piazza principale di Verona, spostando il "centro" da piazza delle Erbe alla Brà, fu l’istituzione nel 1633 di un’importante fiera delle merci che a cadenza semestrale richiamava un folto pubblico.
A riconoscenza di Verona nei confronti della Serenissima per la concessione della fiera venne eretta nel mezzo della piazza nel 1634, su un alto basamento di pietra, una statua raffigurante Venezia e l’Adige, effige che verrà abbattuta nel 1797 dai giacobini.
Nel corso del Settecento continua la valorizzazione del sito con l’intervento voluto nel 1750 da Giovanni Rubiani, proprietario del palazzo oggi sede della Società Letteraria, gabinetto di lettura fondato nel 1808, sul lato nord-ovest della piazza, che fece selciare con ciottoli di fiume il terreno antistante le cinque botteghe che affittava dal lato della Brà, lavori sospesi dal Comune preoccupato da un eventuale abuso del plateatico.
 

Quindi nel 1770 grazie alla munificenza personale del podestà veneziano Alvise Mocenigo venne lastricato il listòn tra via Roma e vicoletto Listòn, mentre il consiglio comunale si limitava a deliberare il livellamento della Brà per creare le pendenze atte al deflusso delle acque piovane. A colpire fu la notevole larghezza del marciapiede chiamato listòn da "lista" che a Venezia indicava lo spazio davanti al palazzo di un ambasciatore, segnato da pietre bianche che ne definivano l’immunità diplomatica.
Nel 1782 un gruppo di cittadini, appositamente tassatisi, completava la pavimentazione del listòn fino all’ultimo confine della Brà verso via Nuova (ribattezzata dopo l’Unità via Mazzini). Fu così che il grande marciapiede divenne luogo preferito del passeggio dei veronesi, come testimonia Wolfgang Goethe nel suo Viaggio in Italia.
Di pari passo con la realizzazione del listòn andava definendosi la sequenza di palazzi che vi affacciano, in buona parte porticati per consentire il passeggio nei giorni di pioggia.

(continua ®)