L’ultima che si tenne in piazza San Marco fu quella del 1796 con il tramonto della Repubblica. In mezzo all’ellittico recinto montato in piazza seguiva il passaggio di ogni ordine di persone, molte delle quali mascherate come permetteva il costume della fiera. La fiera della Sensa praticata in piazza San Marco può dirsi cospicuo sfoggio dell’industria e delle arti, uno dei primi esempi delle Esposizioni Universali dove si sviluppano gli interessi per il commercio e le manifestazioni dell’ingegno umano, nonché potente mezzo per raccogliere le forze, le idee, e unificarle. Ma la piazza sapeva atteggiarsi anche a circo: come nelle città cavalleresche del nord, si bardava tutta di panni bianchi e le logge erano stracolme di gente e le arti sfilavano con i mazzieri (cerimonieri delle Scuole o Compagnie delle Arti); davanti vi erano le bandiere issate al suono degli oricalchi. Nel 1485 divennero famose le giostre preparate e i vincitori si dividevano il panno d’oro o pavonazzetta.
Impreziosivano il corteo i Consiglieri e i Capi dei Quaranta, con sessanta altri gentiluomini del corpo del senato a cui tenevano dietro i Cancellieri Ducali e il Cancelliere Grande vestito di porpora. Chiudevano la comitiva gli Scudieri di sua Serenità, e i Comandadori di Palazzo.

Nella piazza veniva portata in mostra, al lume di cento torce, la colazione che si imbandiva nella Sala dello Scrutinio, fatta di confetture e figure di zucchero, apparecchiata da mille giovani delle arti con grande concorso di popolazione. La piazza, luogo di sfarzo e splendore, si trasformava durante i tristi eventi in luogo di morte e terrore, come ad esempio quando ci fu lo scoppio della tremenda congiura di Bajamonte Tiepolo (1310) con il suo epilogo tragico, che vide la morte del Querini e i congiurati in armi tutti sconfitti davanti al Doge Gradenigo, accorso con la sua milizia. Sulla piazza ebbero luogo anche terribili esecuzioni capitali, come quella del Doge Falier, la cui tremenda sentenza giungeva al popolo ivi convenuto dalle due colonne rosse che danno sulla piazzetta. Quelle stesse colonne, un tempo balconate dell’antico palazzo, dove furono impiccati Israello Bertucci e Filippo Candelario. A quel balcone venivano appese con delle spranghe in bocca le persone di ceto sociale elevato macchiatosi di delitti di stato. In tempi più recenti la piazza fu protagonista di eventi catastrofici come il crollo del Campanile che avvenne la mattina del 14 ottobre del 1902, abbattendosi su stesso e disintegrandosi in un enorme ammasso di mattoni, frammenti di marmo e polvere.
La piazza sembra oggi ferita a morte minacciata continuamente dalle inondazioni in un disfacimento progressivo, invasa da orde di turisti, con i veneziani costretti a servirli; situazione demoralizzante per un popolo che un tempo era riuscito a dominare su tutto il Mediterraneo. A tenerci desti sulla morte spirituale della città è certamente la Marangona, che con i suoi rintocchi sulla piazza ci ricorda di aver suonato la sveglia per settecento anni e che al crollo del campanile fu la sola a rimanere intatta.

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