Osoppo

Chiesa parrocchiale di Pignano a Ragogna: "Nascita di Gesù"
DOMENICO FABRIS:
PITTORE E PATRIOTA
 
Illustre osoppano vissuto nell'800
che riunisce nella sua figura i valori dell'arte pittorica
fusi con quelli del Risogimento italiano.
 
     
 

da poco trascorso il centenario della scomparsa del cittadino Domenico Fabris, illustre figura di artista e di patriota dell’ottocento, morto il 29 ottobre 1901. Nella via che da lui prende il nome e precisamente nella facciata della ricostruita casa della farmacia una lapide lo ricorda con riverenza e con stima perenni: perché il Fabris, Cavaliere della Corona d’Italia, fu ed è un vanto della comunità osoppana.
Il giornale La Patria del Friuli del primo novembre 1901 così lo ricordò in una breve comunicazione della rubrica “Ultima Ora”: «Osoppo – I funerali di un illustre e benemerito cittadino – Oggi, 31 ottobre, malgrado il tempo contrario, tutto il paese volle concorrere a tributare le onoranze estreme al cav. Domenico Fabris, illustre figlio di questa terra ch’egli amò fino all’ultimo. Il lungo corteo era composto dalla banda musicale di Gemona, dal clero numeroso e dalle corone portate a mano (omaggio di affetto reverente della famiglia, di parenti, di amici) e il feretro era portato a spalla da quattro giovanotti del paese. Seguiva una moltitudine di persone. Si notavano: il capitano comandante il Forte, il capitano Elli e altri ufficiali; il sindaco, la giunta e molti consiglieri del Comune. L’estremo vale alla salma del glorioso artista e del venerato patriota fu dato, con elevate parole, dal signor Screm, che dal cav. Fabris ricordò gli alti meriti. La salma fu interrata nell’angolo del cimitero che guarda verso la fortezza, quel pugno di terra che il Fabris concorse a difendere nel 1848. Furono ammirati, e commossero con la loro presenza, alcuni veterani: gli ultimi superstiti di quell’epoca memoranda».
A un secolo dalla scomparsa del Fabris, avvenuta al nascere del XX secolo, noi oggi faremmo fatica a riconoscere l’Osoppo di allora, tanti furono in seguito i cambiamenti verificatisi. Le strade erano bianche e polverose, non c’era ancora la luce elettrica ad illuminarle (arriverà solo nel 1908 impedendo “ai poveri paesani di cozzare di notte l’un contro l’altro”), la vecchia loggetta di piazza Napoleone era ancora la sede municipale, in mezzo alla piazza c’era l’antico pozzo in tufo, il paese era ancora attraversato dalla roggia. La periferia era totalmente priva o quasi di abitazioni e all’ingresso del paese, presso casa Di Toma, sorgeva ancora il famoso portòn di Glèria, la più importante porta di accesso al nucleo abitato. Era il paese del XIX secolo, composto da poche famiglie benestanti e da tanta povera gente che aveva già incominciato ad emigrare per il mondo in cerca di lavoro e di un vivere più decoroso.
Domenico Fabris era figlio di Silvestro “Garbìn”, anche lui pittore di professione, come risulta nelle annotazioni dell’anagrafe parrocchiale. E pure il nonno di Domenico aveva avuto confidenza con il pennello. Del padre Silvestro c’era il dipinto della Sacra Famiglia sotto la vecchia loggia comunale e nella chiesetta di San Rocco si conserva ancor oggi il trittico dell’altare con la Madonna col Bambino e i Santi Silvestro e Rocco, titolari di quel luogo sacro. La madre era Pasqua dei Lenuzza di Butaçòn. Era nato a Osoppo nel 1814, quando si spensero sul Forte gli ultimi squilli della Marsigliese a conclusione di una encomiabile resistenza dei Francesi assedianti dagli Austriaci, che rioccuparono il Forte lasciato nel 1905 e che divennero i nuovi padroni delle nostre terre, nel Friuli centro-occidentale.
Domenico, unico figlio maschio, studiò belle arti a Venezia e divenne pittore con doti e tecnica superiori a quelle paterne. Per la semplicità delle esecuzioni, rimane tuttora in dubbio l’attribuzione al nostro pittore degli affreschi che si trovano nella chiesetta di San Rocco: i quattro evangelisti nelle vele dell’abside, le scene della vita di Gesù e di San Rocco nelle pareti laterali, i medaglioni delle vergini e martiri nel bordo absidale, la SS.ma Trinità sopra l’arco medesimo, le scene dell’Annunciazione, dell’Assunta ed uno stemma gigliato di Osoppo nella parete di fondo.
Nella Parrocchiale il Fabris ci lasciò diversi suoi lavori: l’apoteosi di Santa Colomba dipinta in una vela della navata centrale e i chiaroscuri delle Virtù Cardinali sopra la porta maggiore (opere perse con il terremoto del 1976), le tele della Via Crucis, ora restaurate (meno due perse a causa della stessa calamità), la tela di Sant’Antonio tra gli angeli con quello dominante vestito del tricolore italiano, quattro stendardi processionali (due dei quali ancora da restaurare) ed alcuni ornati in gesso eliminati negli anni ’50. Le vicende del 1848 videro il Fabris tra i più convinti sostenitori dell’idea risorgimentale e tra i più attivi collaboratori con i volontari della Guarnigione che sul Forte resistette per lunghi mesi assieme all’intera comunità osoppana che ne aveva sposato la nobile causa.
Il canonico don Pasquale Della Stua, pievano di Osoppo ai tempi dell’assedio, nelle sue Memorie sulle vicende di Osoppo nel 1848 ricordando i tragici giorni della fame degli osoppani nei mesi di agosto e settembre, così scrive: «Ho già detto che i poveri nostri contrabbandieri erano accolti e trattati con carità veramente paterna da tutti nei villaggi circonvicini, quando sortivano per provvedere qualche cosa.

 

Chiesa arcipretale di S. Maria a Nives a Osoppo: esterno
Il 19 settembre da Pietro Guzzi ricevetti il seguente biglietto con calligrafia falsificata, proveniente da San Daniele e probabilmente dal pittore signor Domenico Fabris, che tanto si adoperava per soccorrere il suo paese di Osoppo: “Al chiarissimo signor Parroco di Osoppo! Perché siano dispensate a alli poveri più bisognosi di Osoppo. Le si accompagnano a Lei, signor Parroco, Venete Lire 928 e 50 centesimi (erano veramente Lire 929 e 50 centesimi), ben certi che Ella saprà sollevare i più miserabili. Vorrà poi al porgitore della presente esser compiacente consegnare una piccola ricevuta della sopraindicata somma, apponendovi il sigillo parrocchiale per il solo motivo di esser assicurati che un tal importo gli sia pervenuto. Una tale ricevuta basta che sia così concepita: Ho ricevuto per consegnare ai poveri di Osoppo Venete Lire 928 e 50 centesimi. Firma”».
A San Daniele, dove si era rifugiato presso parenti, il pittore conobbe e sposò Aita Maddalena, figlia di Francesco e di Teresa Barnaba, famiglia buiese quest’ultima dalle grandi idee risorgimentali e composta da celebri personaggi, assai legati ai fatti osoppani del 1848. Dopo l’amara conclusione dell’assedio, il Fabris se ne andò prima a Venezia, poi in Carnìola, a Metlika, quindi peregrinò in diverse altre località dove realizzò molte opere, principalmente di carattere sacro. Opere sue si trovano oggi a Vienna, a Klagenfurt, a Lonigo Veneto e nella nostra regione a Buja, Gemona, Montenars, Tarcento, Sedilis, San Daniele, Udine, Pignano di Ragogna, Cornino, Fauglis, Varmo, Palmanova, San Giorgio di Nogaro, Carlino, Trieste. Pare incredibile, ma per una serie di eventi negativi, Osoppo, il paese natale del Fabris, possiede oggi un assai limitato numero di sue opere. Nella terribile notte tra l’8 e il 9 ottobre 1848 casa Fabris brucia assieme alla loggia comunale e a tante altre abitazioni del paese; numerosi disegni, tele ed altro materiale conservati in casa Fabris scompaiono in seguito all’infausta invasione austro-ungarica del 1917-18 e tra questi il Saul ammansito da Davide, un grande olio su tela che era considerato il suo capolavoro. Anche ai discendenti rimangono purtroppo poche cose; la tela della Madonna della Salute, alcuni studi a cartoncino di figure e di elementi decorativi.
Domenico Fabris trascorse ad Osoppo la sua vecchiaia in buona salute fino a tarda età. In una gigantografia esposta nella farmacia, lo vediamo intento a dipingere l’esterno della sua abitazione nel 1897, su un’impalcatura di legno, alla bella età di 83 anni. Di giovedì non lavorava. Si dedicava alle pubbliche relazioni, ricevendo nel pomeriggio, presso il suo salotto d’angolo al primo piano, i numerosi amici ed estimatori provenienti dalle più svariate località del Friuli.