DOVE VOLANO I GRIFONI
E LE CICOGNE
 
Nel Friuli collinare e pedemontano
importanti progetti di reintroduzione di avifauna
in via di estinzione.
 
 
 
 

I Grifoni

Forgaria nel Friuli, nei pressi di un laghetto carsico di eccezionale bellezza, quello di Cornino, ha preso le mosse negli anni ottanta un ambizioso progetto che aveva come obiettivo la reintroduzione sulle alpi orientali di un mitico uccello: il grifone. Si tratta, per così dire, di un animale in carne ed ossa e contemporaneamente di un soggetto mitico, apparentemente frutto di pura immaginazione, che per millenni ha ispirato la fervida fantasia di una umanità tanto superstiziosa quanto zoologicamente ignorante. Creduto a lungo il prodotto dell’improbabile accoppiamento tra un’aquila e un leone il grifone si dice custodisse “l’oro degli Arimaspi”, lungo le impervie pareti di remote regioni orientali e che volentieri si nutrisse di carne umana.
Non a caso questa specie, eretta a simbolo di paziente vigilanza, è stata poi utilizzata come “logo” di molte tra le casate più importanti d’Europa.
Tra le tante città italiane che adottarono nella loro bandiera l’imponente immagine del grifone, più o meno modificata, ne ricorderemo due soprattutto: Genova e Venezia.
Ma se il grifone araldico ha goduto di crescente popolarità, non altrettanto dicasi per quello biologico, che ha visto la sua presenza nel Mediterraneo ridursi progressivamente, fin quasi a scomparire, almeno per quanto riguarda l’Italia continentale. Si è pensato dunque di correre ai ripari ed i risultati sono ora ben visibili, appunto, a Cornino, nell’ambito della Riserva Naturale Regionale.
A partire da un nucleo di soggetti che sporadicamente transitavano nell’area, provenienti da una residua colonia di nidificazione esistente nel golfo del Quarnero in Crozia e da alcuni soggetti recuperati presso gli zoo europei o caduti dai loro nidi in Spagna e quindi salvati da morte certa, è stato possibile riformare una piccola popolazione, oggi composta anche da alcune coppie nidificanti.
Per ottenere tale obiettivo vari grifoni sono stati liberati dopo un periodo più o meno lungo di ospitalità all’interno di una capace voliera di acclimatazione ed è stato all’uopo allestito un “carnaio”, vale a dire una zona recintata all’interno della quale vengono regolarmente esposte le carcasse di grandi mammiferi recuperati sul territorio, vittime perlopiù di incidenti stradali. Il grifone infatti si nutre di carne ma non aggredisce mai esseri viventi. La sua funzione ecologica è quella dello spazzino e come tale non solo deve essere ritenuto del tutto innocuo ma addirittura utilissimo, per la pulizia radicale e a vasto raggio di ogni cadavere esistente sul territorio.
I grifoni hanno una apertura alare notevole di quasi tre metri, e possono superare il peso di dodici kg, praticando il “volo a vela”, vale a dire traendo vantaggio dalle correnti d’aria calda verticali o dalle componenti ascensionali del vento lungo i pendii. In tal modo questi uccelli raggiungono facilmente alte quote e sono dotati di una vista acutissima.
Basta che un soggetto tra quelli che compongono una colonia avvisti un animale morto, compito questo facilitato in genere dalla presenza di corvi o altri necrofagi, per iniziare a perdere quota.
Ecco dunque spiegato l’apparente mistero di un cielo azzurro e sgombro nel quale miracolosamente e in pochi istanti si materializzano decine di uccelli, provenienti da decine o centinaia di chilometri di distanza: uno spettacolo al quale non eravamo più abituati, nuovamente consueto a Forgaria nel Friuli dove sono stati osservati recentemente anche più di cento grifoni assieme.
Ma qual’è il loro raggio d’azione? Semplicemente enorme. Basti pensare che un soggetto liberato a Cornino e munito di contrassegni (anelli con codici di riconoscimento e alcune penne appositamente decolorate) è stato osservato in Olanda presso Amsterdam e poco tempo dopo nuovamente in zona nella vicina Slovenia.
Sono presenti e sono stati osservati poi soggetti provenienti dalla Spagna, Francia o dai Balcani e un soggetto marcato sul nido nel Quarnero in Croazia, dopo aver visitato le Alpi è stato trovato morto nel Ciad, in Africa, a oltre 3500 km di distanza.

Le Cicogne

Fagagna nel Friuli è il centro abitato scelto nel 1985 per un originale progetto che ha, come obiettivo principale, la reintroduzione della cicogna bianca come specie nidificante. Le cicogne, come è noto, godono di una buona reputazione o, quanto meno, sono in genere considerate con benevolenza poiché, come si dice, sono di buon auspicio. Il loro arrivo segna infatti l’agognata fine dell’inverno e i bambini che (in tempi fortunatamente remoti) avevano la fortuna di nascere “portati dalle cicogne”, appunto in primavera, avevano, più di altri, buone possibilità di sopravvivere. Non è stato difficile, quindi, convincere gli abitanti del luogo ad accettare questi eleganti ed alati ospiti che, per la verità, mai avevano cessato di frequentare del tutto il territorio circostante.
La storia della cicogna bianca in Italia è antica e complessa. Presente e numerosissima al tempo dei Romani, al punto da essere normalmente utilizzata come risorsa alimentare (per la precisione si tratta dei piccoli, spesso a portata di mano sui nidi costruiti sulle abitazioni), questa specie è andata gradatamente rarefacendosi in epoche più recenti, complici la fame sempre più acuta delle popolazioni e, più di recente, il prosciugamento delle aree palustri e le insensate persecuzioni. Migliorata la legge che regolamenta la caccia ed arrestati i grandi interventi di bonifica a fini agricoli è oggi possibile guardare al futuro con qualche ottimismo.
L’idea iniziale è stata sviluppata da uno svizzero, Max Bloesch che, già nei primi anni del dopoguerra ha portato a termine diversi esperimenti finalizzati a bloccare la scomparsa di questi uccelli nel suo Paese. Il problema di fondo riguarda le abitudini migratorie delle cicogne: questi uccelli, infatti, svernano di norma in Africa in quanto in territorio europeo difficilmente trovano cibo sufficiente d’inverno. Allevare e liberare soggetti senza particolari precauzioni comporta il rischio di perderne rapidamente le tracce: va infatti sottolineato che solo una esigua frazione dei nuovi nati fa ritorno, anche nel migliore dei casi, e in condizioni naturali dai siti di svernamento. Bloesch scoprì tuttavia che, dopo circa tre anni e una volta raggiunta la maturità sessuale, le cicogne perdono lo stimolo ad allontanarsi se il cibo è sufficientemente abbondante.

 

Riserva naturale di Cornino: il laghetto

Il centro visite di Cornino

Esemplare di grifone nella voliera di acclimatazione
Esemplare di cicogna inanellato sul nido
Primo piano di grifone adulto
Corteggiamento tra due cicogne bianche
Da tale constatazione nasce quindi l’idea di mantenere localmente, quasi si trattasse di un capitale, piccole popolazioni riproduttrici con abitudini “stanziali”, lasciando che la prole (in pratica gli “interessi”) se ne vada apprendendo così, gradatamente, la più appropriata rotta di migrazione. È, in sintesi, quanto è avvenuto inizialmente a Racconigi in Piemonte e sta accadendo ora a Fagagna dove, su un terreno di pochi ettari precedentemente occupato da una discarica ed interamente restaurato, è stato creato un originale “Centro Avifaunistico Sperimentale”. Il territorio circostante, in parte coltivato, presenta condizioni molto valide per questa specie: parchi alberati con querce centenarie, case isolate su cui nidificare e vaste estensioni, in parte paludose e di “torbiera” nelle quali ricercare il cibo. In questo sito l’osservazione di cicogne libere e volanti, che ruotano planando alte nel cielo, è spettacolo quotidiano, al quale assistono migliaia di visitatori.
Ma non ci sono solamente le cicogne. Accanto ad esse vengono allevate anche altre specie e, in particolare una, esteticamente meno dotata e certo anche per questo maggiormente in pericolo in un mondo che bada più alla forma che alla sostanza. Si tratta del singolarissimo ibis eremita, dal piumaggio nero corvino e dal becco rosso, lungo e ricurvo. Se la cicogna bianca corre il rischio di estinguersi a livello locale, questi ultimi sono sull’orlo della scomparsa dalla faccia della Terra, sopravvivendo con appena 300 esemplari in Marocco e non più di 15 in Siria, allo stato libero. Circa 1500 esemplari sono stati conservati viventi, anche se in cattività, grazie allo sforzo compiuto dalla efficientissima rete degli zoo mondiali nel tentativo di arginare l’apparentemente irresistibile declino della specie. E una quarantina di esemplari di questa preziosa popolazione sono allevati, appunto, a Fagagna, con la prospettiva di contribuire al progetto di reintroduzione in corso di elaborazione a livello internazionale. Sono state realizzate, a tal fine, capaci voliere, nelle quali gli uccelli possono muoversi a loro agio sviluppando adeguatamente i loro comportamenti sociali.
Per rendere possibile tutto ciò l’area nel suo complesso è stata completamente rimaneggiata sulla base di uno specifico progetto. Nelle aree circostanti alle voliere i visitatori possono accedere ad una rete di sentieri che consentono di osservare da vicino una serie di profondi specchi d’acqua, ricchi di pesci e circondati da siepi, boschetti e radure. Qui vengono allevati anche diversi anatidi e, tra la fauna selvatica che frequenta l’area di iniziativa spontanea, oltre agli immancabili germani reali si osservano moltissime altre specie tra cui aironi cenerini e bianchi, nibbi bruni e molti piccoli passeriformi. In prossimità dell’ingresso è poi in corso l’allestimento di un centro-visite che assolverà il ruolo di fornire le informazioni di base e, in particolare, gli strumenti per interpretare il complesso e talora ostico linguaggio della natura.
In sintesi, il “Centro Avifaunistico Sperimentale” di Fagagna si presenta come un’originale iniziativa che consente di sviluppare contemporaneamente e in modo armonioso i tre classici temi, tipici delle riserve naturali: la conservazione della biodiversità, l’educazione e la didattica nonché la ricerca scientifica.