L'ANFITEATRO MORENICO

 

Rappresenta un'unità geografica della nostra regione ben distinta
sia dalla Pianura Friulana
che dalle zone prealpine contermini.

 
Il medio corso del Tagliamento e parte della prima cerchia morenica
     
 
i tratta di una vasta area collinare, ma con ampie spianate, spesso paludose. Due fiumi trovano qui la loro origine: il torrente Corno e il Cormôr, e un piccolo lago occhieggia nel verde che circonda Ragogna. Di numerosi altri stagni se ne conserva solo il ricordo essendo stati prosciugati da antiche bonifiche idrauliche. Se osservati dall’alto, i colli morenici appaiono allineati a formare delle cerchie concentriche e degradanti verso nord. La prima e più esterna cerchia si estende da Ragogna per S. Daniele e Moruzzo fino a Tricesimo e Qualso. Essa presenta importanti squarci rappresentati dai solchi fluviali del Tagliamento, del Corno, del Lavia, del Cormôr e del Torre al margine orientale. La seconda cerchia è, invece, formata da due archi accoppiati che vanno da S. Daniele a Colloredo e Treppo Grande il primo, e da Cassacco a Tarcento il secondo. Analogamente, la terza cerchia si presenta sdoppiata in due archi che vanno da Majano a S. Stefano di Buja e da Monte di Buja fino a Magnano in Riviera. All’interno di questa struttura piuttosto complessa si distinguono nettamente alcuni colli isolati costituiti da rocce compatte analogamente a quelle affioranti nelle Prealpi. Rappresentano il locale affiorare del substrato roccioso e si tratta, quindi, di veri e propri rilievi montuosi prealpini.
Per comprendere l’origine dell’Anfiteatro Morenico è necessario andare a ritroso nel tempo di qualche migliaio di anni. Nel periodo che va da 120.000 a 10.000 anni fa la Terra conobbe un clima notevolmente più freddo dell’attuale (glaciazione di Würm); i ghiacciai alpini si svilupparono talmente da occupare addirittura il fondovalle e da costituire un reticolo di “fiumi di ghiaccio” che confluivano assieme fino a formare un’enorme lingua glaciale che riusciva a sfociare in pianura fino in prossimità di Udine.
Analogamente a quelli attuali, il ghiacciaio era dotato di un costante moto verso valle e ciò era causa di un intenso effetto lima sia sul fondovalle che lungo i versanti montuosi rivestiti dal ghiaccio. Il fenomeno fu talmente intenso da influire in maniera determinante sul paesaggio attuale, così tutte le zone che furono sommerse dal ghiacciaio appaiono oggi “lisciate”, arrotondate oppure nettamente spianate, mentre quelle che per la loro altitudine ne rimasero al di sopra, risultano più frastagliate, con cime aguzze e articolate.
Il flusso costante dalle zone montane, dove si accumula la neve, fino alla zona frontale dove avviene la completa fusione, trasforma il ghiacciaio in un grande nastro trasportatore che possiede una zona di accumulo principale lungo la sua fronte; qui si forma la cosiddetta “morena frontale”. Durante le migliaia di anni in cui si protrasse questo periodo freddo si accumulò qui una quantità enorme di materiale detritico. La gran parte di questo però venne rimosso immediatamente dal fronte glaciale e trasportato lontano dai fiumi e dai torrenti che si originavano attraverso la fusione del ghiaccio stesso.
La gran parte dell’alta Pianura Friulana è costituita da ghiaie disperse da questi fiumi nel momento in cui il ghiacciaio raggiunse la sua massima espansione, circa 20.000 anni fa. La posizione raggiunta dal fronte glaciale è oggi contrassegnata dalla prima e più esterna cerchia dell’Anfiteatro Morenico. La seconda e la terza cerchia si sarebbero, invece, formate in due prolungate “soste” del ghiacciaio durante la sua fase di generale regresso, mentre il clima si andava gradatamente riscaldando. L’arretramento del fronte di fusione su posizioni più arretrate rispetto alla prima cerchia produsse notevoli cambiamenti nel flusso delle acque di fusione. L’esistenza della prima cerchia morenica, infatti, rappresentò un ostacolo al libero deflusso delle acque producendone il diffuso ristagno nelle bassure, comprese fra una cerchia e la successiva (paludi attuali). Queste acque si riversavano poi verso valle attraverso i pochi “varchi” esistenti nella prima cerchia. In tal modo avvenne una concentrazione delle acque in flussi ben definiti. Da questi “varchi” si originarono i corsi d’acqua attuali: Tagliamento, Corno, Cormôr, Lavia, Torre. In particolare il Tagliamento si originò su una soglia mantenuta aperta dal torrente Arzino la cui valle non era occupata completamente dai ghiacci e, quindi, continuò a fluire lungo il margine del ghiacciaio anche durante la sua fase di massima espansione. Analogamente, il torrente Torre continuò a fluire lungo il margine opposto del ghiacciaio scavandosi un solco nella tenera roccia delle Prealpi Giulie.
La fusione completa del ghiacciaio liberò poi un’ampia conca e si formò così un vasto lago che probabilmente si estese in due rami distinti fino a Venzone e Somplago rispettivamente. Questo specchio lacustre possedeva un unico emissario in corrispondenza della stretta di Pinzano in cui defluirono tutte le acque del bacino. Corrispondentemente, i torrenti Corno e Cormôr persero il contributo idrico del ghiacciaio che non venne sostituito da altri apporti fluviali.
 

La torbiera di borgo Pegoraro a Moruzzo

Il Tagliamento a nord della stretta di Pinzano e Ragogna

Il fiume Ledra
Le sorgive dei Bars a Osoppo

È per questo che le dimensioni delle loro valli ci appaiono oggi sproporzionate rispetto alla modesta importanza degli attuali corsi d’acqua che raccolgono solamente le piogge ricadenti nei loro bacini. Ciò è ben apprezzabile lungo il solco del torrente Corno, fra S. Daniele e Rodeano, ove all’interno dell’antico greto fluviale si estendono oggi numerosi abitati.
Il grande lago venne riempito dalle abbondantissime alluvioni ghiaiose del Tagliamento e si trasformò nell’attuale Piana di Osoppo e Gemona.Il "salto" del rio dell'Acqua Caduta a Cimano di San Daniele del Friuli Esso, però, non si è estinto completamente, il sottosuolo, infatti, è ancora saturo d’acqua e si è quindi trasformato in una falda freatica di proporzioni enormi.
La sua ricchezza è stata riconosciuta da molto tempo e, infatti, viene sfruttata per alimentare molti acquedotti, compreso quello del “Friuli Centrale”, che soddisfa il fabbisogno idrico di una buona parte della regione. Recenti studi hanno dato concretezza e organicità a numerose osservazioni effettuate da tempo nel sottosuolo della pianura posta immediatamente a nord e a ovest di Udine dove vennero ritrovati massi di dimensioni non compatibili con il normale trasporto fluviale. Gli studiosi ritengono, infatti, che si tratti dei resti di cerchie moreniche più antiche di quelle descritte e sepolte completamente dalle alluvioni successive (C. Venturini, 1988). Il dolce paesaggio di colline arrotondate e ampie conche chiuse si prolungherebbe, quindi, al di sotto della pianura fino ad almeno Campoformido e Basiliano e ciò che possiamo oggi osservare direttamente in superficie non sarebbe che una parte di un enorme edificio morenico, muto testimone di un importante evento di migliaia di anni fa.