“Abbigliatevi” da triestini, “parlate” da triestini,
“comportatevi” da triestini, ma se entrate in un Caffè
di Trieste ed ordinate semplicemente un caffè, allora tutti capiranno
che semplicemente triestini non siete. Perché per chi vive da
queste parti la tazzina è ancora oggi un piccolo, quotidiano
rito che, alla pari di tutte le altre “religioni”, necessita
di un suo linguaggio fatto di espressioni come nero, capo in b, goccia
lungo. Non meravigliatevi ma adeguatevi: assimilate al più presto
queste particolarità, queste “sfumature” del vostro
caffè centellinato a Trieste: ne apprezzerete il gusto e capirete
l’intenso legame dei triestini con questa bevanda. E’ infatti
una lunga storia quella del caffè a Trieste, che nasce nel 1768
allorché a Benedetto Capano la Commissione Pulizia e Sicurezza
Pubblica rilasciò la prima licenza per una “Bottega del
caffè”, con l’esclusiva della vendita di “acque
fredde e calde, thè, caffè, cioccolata, limonate, sorbetti
ed acque sciroppate”. Una lunga storia che poi portò la
città ad annoverare 54 caffetterie nel 1857, Trieste allora contava
120 mila abitanti, e ben 98 nel 1911, guidate in particolare da svizzeri,
del Cantone dei Grigioni, greci, levantini, tedeschi ed ebrei. Di questi
Caffè la città non ha ovviamente perduto le tracce ed
ancora oggi per ritagliarvi una piccola pausa, per leggere il giornale
o un libro tra un capo in b ed una fetta di strudel, per assaporare
quell’atmosfera mitteleuropea che ancora permea il centro storico,
vi potete affidare ad uno dei locali storici del caffè triestino.
Ad iniziare dal Caffè degli Specchi, dal 1839 nel “salotto
buono” di piazza Unità d’Italia prendendo il posto
di una caffetteria gestita da un greco. Il nome gli deriva dal fatto,
come annota il triestino Gianni Pistrini, uno dei 350 assaggiatori ufficiali
di caffè operanti in Italia ed ora impegnato a far risorgere
un Museo del Caffè a Trieste, che “dalle sue vetrate c’era
la possibilità di osservare l’arrivo dei velieri carichi
di merci e di naviganti provenienti da ogni parte del mondo. Questi
portavano le notizie apprese nei vari porti. Così, avventori,
faccendieri e curiosi potevano ricevere, riflessi nei racconti di costoro,
gli avvenimenti del mondo, come attraverso degli specchi”. Per
proseguire con il vicino Caffè Tommaseo, in piazzetta Tommaseo,
aperto nel 1830 dal padovano Tommaso Marcato, spesso frequentato da
Stendhal, allora console di Francia, e più tardi da James Joyce.
Il Caffè Tergesteo, all’interno dell’omonima Galleria,
sempre a pochi passi da piazza Unità, erede dal 1863 della caffetteria
affacciata sull’attigua piazza Verdi, il Caffè San Marco,
in via Battisti, inaugurato nel 1914 e da quella data controllato dalla
polizia asburgica in quanto luogo abituale di ritrovo degli irredentisti;
negli anni Venti luogo di incontro e di meditazione, ad esempio, di
Italo Svevo ed Umberto Saba, più recentemente di Fulvio Tomizza,
Giorgio Voghera e Claudio Magris. Ed ancorwwa, il Caffè Torinese,
in corso Italia, che ricorda il Florian di piazza San Marco a Venezia,
il Caffè Stella Polare, in via Dante, nel cuore del borgo Teresiano,
aperto dal 1867, l’ex Urbanis, datato 1832, tra piazza della Borsa
e piazza Unità, ed il Cattaruzza, in piazza Duca degli Abruzzi.