“Ti con nu - nu con ti”

IL "TESTAMENTO" DI PERASTO

La "fedelissima Confaloniera" aveva l'onere
di fornire la guardia al Gonfalone.

Perasto, chiesa della Madonna dello Scalpello, santuario votivo dei Marittimi.

Come tutti sanno, la quasi millenaria storia della Serenissima si concluse, il 12 maggio 1797, sull’onda di quel terremoto geo-politico che travolse l’Europa durante la breve epopea napoleonica; pochi sanno invece che, se a Venezia ciò avvenne in modo piuttosto supino ed abbastanza criticato dalla Storia, molto meno rassegnati a vedere ammainare il vessillo di San Marco furono i “veneziani” dell’altra sponda adriatica, cioè i Dalmati, forse perchè già potevano presagire che in tal modo vedevano pregiudicata la loro appartenenza, se non all’Italia, che come entità statuale non esisteva ancora, quanto meno al mondo latino, essi che a Roma avevano dato, con Diocleziano, anche un Imperatore.
Fu così che, per alcuni mesi dopo tale data, le insegne del Leone Alato garrirono ancora nei già possedimenti “da mar”, man mano che il Plenipotenziario austriaco, General-Maggiore Mattia Barone de Rukavina, prendeva possesso del litorale dalmata, venendo ammainate, rispettivamente, a Cherso il 15 giugno, a Zara il 6 luglio, e, quindi, definitivamente, il 23 agosto, a Perasto, nelle Bocche di Cattaro.
Ed anche se ciò fu forse dovuto proprio ad una programmazione operativa del plenipotenziario, ovvero alla più banale circostanza che Perasto fosse, in Adriatico, tra le località più lontane da Venezia, al fascino della Storia ciò fece molto comodo: Perasto era infatti detta la “Fedelissima Confaloniera”, perchè la Serenissima le aveva concesso, da antica data, il privilegiato onere di fornire la Guardia al Gonfalone, che era composta da 12 gonfalonieri, eletti di volta in volta dal Consiglio degli Anziani della comunità, e i quali custodivano, in pace ed in guerra, la Bandiera di Campagna ed il Vessillo del Gonfalone.
Poichè nella baia di Perasto svernava, normalmente, la flotta del Levante, ogni partenza - della Guardia e del Gonfalone, che andavano ad imbarcarsi sulla Galera del Capitano Generale de Mar - veniva celebrata con solenni riti civici-religiosi.
La mattina del 23 agosto, la Comunità, le Corporazioni ed il popolo si radunarono davanti l’abitazione del Capitano di Perasto, Conte Giuseppe VISCOVICH, dove venivano custoditi il Gonfalone e la Bandiera da Campagna; il Luogotenente, due Alfieri e dodici Gonfalonieri salirono per prelevare le insegne, trattenendosi all’interno - presi dalla commozione - più del dovuto, al punto che uno dei Giudici della Comunità dovette sollecitarli. All’uscita, le insegne ricevettero per l’ultima volta gli onori, dalle lame sguainate dei Gonfalonieri, e quindi defilarono, “a passo grave”, con tutto il seguito piangente, fino alla Piazza di San Nicolò, ove si trovava la Chiesa principale. Qui giunti, il Capitano le staccò dalle rispettive picche, mentre, contemporaneamente, la Bandiera di San Marco veniva ammainata dal Castello, salutata, con 21 colpi, dalle artiglierie poste a sua difesa, nonché, e, con 11 colpi, da ciascuno dei due vascelli armati a difesa del porto, ed anche da tutte le navi mercantili che si trovavano alla fonda.
Le insegne vennero poste in un bacile d’argento ed affidate al Luogotenente che, accompagnato da due Giudici, le portò all’interno della chiesa, dove attendeva il Clero, e quindi le consegnò all’Abate, Monsignor Vincenzo MAZZAROVICH, il quale, a sua volta, le depositò sopra l’Altare Maggiore. A questo punto, il Capitano di Perasto pronunziò un famoso discorso, la nota frase “TI CON NU - NU CON TI”, più volte in seguito ripresa - sotto forma di motto – in altre circostanze storiche, ed ancor oggi in uso nella nostra Marina Militare, quale motto della Nave Anfibia San Marco.
Dopo un altro discorso da parte dell’Abate, il Capitano Viscovich baciò un lembo del Gonfalone, e quindi, rivoltosi ad un piccino suo pronipote, di nome Annibale, che aveva presso di sè, gli disse: “Inginocchiati, baciala e sovvengati di lei finchè avrai vita”.
Il Gonfalone venne quindi baciato dai Giudici, dal corpo della Comunità ed infine da tutto il popolo; al termine di tale omaggio collettivo, l’insegna - che risulterà così letteralmente intrisa di lacrime - venne rinchiusa in una cassa, che l’Abate Mazzarovich depose in un ripostiglio sotto l’Altare Maggiore.
A distanza di oltre duecento anni, poco o nulla si sa della la sorte del Gonfalone, già deposto sotto l’Altare.
Perasto passò sotto la sovranità italiana durante la breve parentesi del Governatorato Italiano della Dalmazia (1941-1943) : ove in quella occasione fosse stato rinvenuto il Gonfalone, ciò, molto probabilmente, sarebbe stato menzionato - anche con ogni enfasi giustificabile dalle esigenze propagandistiche del momento - in quella pubblicazione, praticamente ufficiale, che meglio di ogni altra sanciva l’avvenuto inserimento della Dalmazia tra le regioni d’Italia, e cioè l’omonima “Guida d’Italia”, edita dalla Consociazione Turistica Italiana; nelle scarne note che essa dedica a Perasto, si accenna al “discorso di saluto” al gonfalone, senza peraltro aggiungere alcunchè sulla sua sorte. Ma, anche ammesso che esso fosse sopravissuto per tutto il periodo di dominio austriaco, difficilmente avrebbe potuto superare indenne il “leontoclasmo” dei decenni che seguirono, e che videro la distruzione, ovvero il danneggiamento, di tanti leoni marciani in più solida pietra. Una traccia interessante si rinviene però nel volume “La Dalmazia e il Risorgimento Italiano (1815-1866) di Corrado CAMIZZI, edito a cura dell’Associazione Nazionale Dalmata, Roma, 1983, ove, alla nota di pag. 25, si legge testualmente : “Alla Mostra dell’italianità dalmatica, presso l’Associazione Nazionale Dalmata, a Roma, si conserva un frammento di quella bandiera, corredato da un certificato notarile di autenticità.” Alla ricerca di tale frammento, ovvero quanto meno di una conferma della sua esistenza, ho consultato ogni personalità che avrebbe potuto esservi stata all’epoca coinvolta, ma – finora - senza alcun esito. Sembrerebbe (ma il condizionale è d’obbligo) che il materiale della “mostra” sia stato poi conservato a Venezia, presso la sede della Società Dalmata di Storia Patria – Scuola Dalmata dei SS. Giorgio e Trifone e che, in occasione di una delle tante “acque alte” veneziane, abbia subito dei danneggiamenti, quando non sia andato addirittura disperso. Ma, ovviamente, le ricerche sono ancora aperte.

L'isolotto di San Giorgio, cimitero dei Perastini.Perasto, palazzo Bujovi‘c, sede del museo perastino.

Perasto, chiesa di San Marco.

Perasto, chiesa di San Nicola.