“Te me costi come i muri de Cattaro”
LE BOCCHE
Abitate nei secoli da popolazioni diverse hanno
da sempre destato interesse storico e naturalistico.
Si dice ancora oggi a Venezia per indicare un’amante troppo pretenziosa “te me costi come i muri de Cattaro”. In realtà, la Serenissima impegnò un patrimonio per costruire la difesa della città dopo il 1420. Anche se, in precedenza, la città dovette penare non poco per mantenere l’appoggio di Venezia, destreggiandosi tra ungheresi e serbi per mantenere la propria latinità.
Ma andiamo per gradi. Nell’antichità le Bocche di Cattaro sono note come Seno (cioè Golfo) rizonico, dal nome della località principale Rizon, l’attuale Risano. Nei secoli che precedono l’avvento di Cristo, vi abitano gli Illiri rizuniti (o rizoniti), e gli ardiei. In seguito l’intera regione che fa capo a Rizon stringe spontaneamente alleanza con Roma, che apprezza questa volontaria dedizione assicurando un’ampia autonomia municipale e larghe esenzioni fiscali. Nel punto più interno delle Bocche sorge un altro municipio romano autonomo: Acruvium (o Ascrivium). Catarum (o Chatarum) l’odierna Cattaro che è protetta da una fortezza che sovrasta l’intero Golfo.
Con la riforma amministrativa di Diocleziano del 297, l’intero Seno rizonico resta inserito nella Provincia di Dalmazia che nel 395 viene inquadrata nel nesso all’Impero romano d’Occidente. Occupata dagli eruli prima e dagli ostrogoti poi, nel 532 è ripresa da Costantinopoli, che rinforza il castello da loro chiamato Kàttaros, Dikàtera o Dekàteron. Rizinium viene distrutta nel 639 dagli àvari, ma Acruvium-Catarum resiste e rimane con Costantinopoli, mentre la parte occidentale delle Bocche, è occupata dalle tribù slave dei Trebuniati. Nella Zuppa del Garbali si insediano invece gli àvari. I saraceni distruggono nell’867 Rosa (Porto Rosa) ma Catarum, dove trovano la salvezza molti profughi, resiste e conserva la propria identità latina e assume il nome italico di Cattaro. Sotto la sovranità dell’Impero romano d’Oriente sviluppa istituzioni comunali che diventano sempre più autonome e instaurano rapporti politico-commerciali con le dirimpettaie città pugliesi anch’esse parte dell’Impero Romano d’Oriente. Nel 1025 il vescovo cattarino diventa addirittura suffraganeo di quello barese, ma, dopo pochi decenni, dipenderà da quello di Antivari.
Intorno al 989 i bulgari saccheggiano Cattaro e la risorta Risano. Alcuni risanesi trovano scampo a Cattaro, che viene assoggettata per breve tempo al regno serbo, per poi tornare all’Impero. L’esercito imperiale di Costantinopoli viene sconfitto nel 1043 da quello serbo nei pressi della città ed i cattarini sono costretti cercare protezione presso il gran zupano dal quale però ben presto ottengono la completa esenzione dal pagamento dei tributi e l’autogoverno comunale. In seguito danno ospitalità a Giacinta, vedova dello spodestato re Bodino, e il cui figlio Giorgio, salito al trono il 15 agosto 1115, dona loro l’ampliamento del territorio comunale fino alle Bocche orientali.
Nel 1177 i cattarini soccorrono i ragusei attaccati dal re serbo Nemagna e si alleano con l’Impero romano d’Oriente ma, venuto meno il sostegno imperiale, nel 1184 sono costretti ad accettare la supremazia dei Nemagna, che garantiscono loro un’ampia autonomia comunale e la libertà di sottoscrivere trattati, di dichiarare guerre e di professare la religione cattolica. Quindi riconoscono quale sovrano-protettore prima Volco, signore dell’Erzegovina, e poi Stefano, re di Serbia, conservando, però un’ampia autonomia politica.
Nel giugno del 1241 corrono un serio pericolo rappresentato dalle scorrerie della cavalleria mongola. Nel 1250 ottengono dal re serbo Orosio la conferma dei privilegi ottenuti dai precedenti monarchi. Nel 1351 Stefano, oltre alla conferma della libertà comunale, consente un ulteriore ingrandimento del territorio intorno alla città. L’ultima conferma arriva nel 1356 da Urosio V ma un ampio tratto orientale delle Bocche, con Risano e la futura Castelnuovo, restano sotto l’egemonia erzegovese.I rapporti con Venezia vengono rafforzati al IX secolo, quando nella zona si stabiliscono numerosi sudditi della Serenissima, che ottengono ampie libertà e franchigie. Nel 1201 il nobile veneziano Lorenzo Zane è alla guida del Comune, mentre almeno dal 1282 è presente a Cattaro un console veneziano. La città resta in bilico tra le forze continentali e Venezia e nel 1301 i ragusei, allora sudditi veneti, attaccano senza troppa convinzione Cattaro con un esercito di zaratini, veneziani e croati. In seguito ad un decreto della Serenissima del 1331, che comminava pesanti sanzioni per coloro che intrattenevano rapporti con Cattaro, il 30 aprile 1335 i cattarini firmano con Venezia un trattato commerciale che rinsalda i rapporti tra Venezia e la Dalmazia montenegrina. Nel 1361 i ragusei, che subiscono l’egemonia degli ungheresi, depredano le navi dirette nel porto di Cattaro e assediano la città che resiste grazie all’intervento di Venezia. Segue un periodo oscuro perché i Serbi premono ai confini ed i cattarini, con il consenso veneziano, chiedono protezione a Lodovico, re di Ungheria, il quale riconosce loro gli antichi privilegi.
Alla vicina Perasto è conferito il titolo di città gonfaloniera della Repubblica veneta e l’Archivio di Stato di Venezia conserva due documenti. Il primo, del 9 agosto 1378, è un atto di procura con il quale il Comune di Cattaro affida ai propri delegati il compito di trattare un accordo con Venezia. Il secondo, del 13 agosto dello stesso anno, è la «dedizione della città di Cattaro al capitano del mare e ai provveditori della signoria di Venezia», che viene denominato ufficialmente “Atto di Dedizione”. I ragusei, temendo l’egemonia veneziana, istigano i cattarini alla rivolta, ma questi, al contrario, aiutano i veneziani a catturare due navi ragusee. Ragusa blocca allora l’accesso delle navi alle Bocche di Cattaro; la città chiede aiuto al bano di Bosnia, alleato di Venezia. I ragusei, uniti ai genovesi, assediano la città e la fazione “popolare” di Cattaro mette al bando i nobili filo-veneziani, fa entrare in città i genovesi e rinnova l’atto di fedeltà al re di Ungheria. Nel 1381 Vettor Pisani sconfigge i Genovesi e riconquista Cattaro e Perasto, ma la pace di Torino riconsegna le due località all’Ungheria. Nel 1385 Cattaro, per evitare il saccheggio, si sottomette al re di Bosnia Tvarco , il quale riconosce i privilegi e le libertà comunali e ripristina i traffici commerciali tra Cattaro e Venezia, a danno di Ragusa. I ragusei a loro volta, con l’aiuto dei Balsa, signori serbi della Zenta, assediano Cattaro, che firma la pace ed evita così l’occupazione. Nel 1392, morto Tvarco, il Comune di Cattaro si dichiara indipendente, ma i Balsa occupano la parte orientale delle Bocche e minacciano un nuovo assedio. Il 14 gennaio 1396 gli ambasciatori cattarini si offrono di sottoscrivere un atto di dedizione al Senato veneto, e sottolineano con forza il pericolo di doversi sottomettere o «agli albanesi, o agli slavi, o ai turchi».
Nel 1403 Cattaro, minacciata dai turchi, ottiene l’aiuto al re ungherese Ladislao ma già nel 1405 la città offre nuovamente la sua dedizione al Doge e al Senato veneto. In quel periodo Venezia è impegnata, però nella guerra con Padova e non può accettare l’offerta. Cattaro riprende i rapporti commerciali con Ragusa e si obbliga a pagare un tributo ai Balsa.
Nel 1411 Venezia instaura rapporti diplomatici con il voivoda bosniaco Sandalj Hranic e propone che Cattaro paghi un tributo per evitare l’occupazione. Ma Sandalj assedia la città con l’aiuto di 5000 turchi che catturano in battaglia quattro nobili cattarini. Gli ambasciatori inviati in laguna chiedono che Venezia faccia da mediatrice per liberarli, ricordando che “i cattarini attendono il giorno in cui saranno accolti nei possedimenti dogali con quella stessa avidità con cui gli antichi padri soggiornanti nel Limbo aspettavano l’avvento di Cristo”. Ma, con sommo rammarico, il Senato, per non inimicarsi Sandalj, declina la richiesta, pur dichiarandosi pronto ad aiutare la città in altre situazioni. Nel 1415 il Senato veneto accetta che un nobile zaratino, cittadino veneto, assuma la carica di conte di Cattaro. Nel frattempo si consolidano i rapporti fra cattarini e ragusei, mentre peggiorano quelli fra ragusei e balsidi. Ciò provoca un riavvicinamento anche tra Ragusa e Venezia.
Balsa III attacca nuovamente i possedimenti veneziani; il 25 luglio 1419 un ambasciatore cattarino rinnova al Senato l’offerta di dedizione insieme a quella di unire le armi per sbaragliare i Balsa. Il Senato respinge la dedizione ma invita i cattarini a perseverare nelle loro buone intenzioni verso la Signoria ducale e ne accetta l’alleanza militare.
Il 19 agosto 1419 si pone fine al contenzioso tra il Comune di Cattaro e la comunità di Lustizza, già legata ai balsidi. Visto il fallimento, nel novembre 1419, di una proposta di tregua semestrale con Balsa III, e considerato l’ascendente dei cattarini sui signori montenegrino-albanesi Giorgio e Alessio Juraš, il Senato dà il via libera all’accoglimento di Cattaro. Il 2 febbraio 1420 il Comune nomina un procuratore da inviare in laguna per la conclusione dell’accordo, il Senato ne accoglie le richieste e il 15 marzo dello stesso anno, nel Palazzo ducale, viene firmato l’«Atto di accettazione della città di Cattaro» nel quale si legge la volontà della città di mostrare “singolare e devota reverenza e l’affetto della desiderata fedele obbedienza” verso il Doge e la Signoria ducale. I procuratori Rosso Marino e Albano Badoaro accolgono ed accettano la città a nome della Signoria, promettendo di trattare i cittadini come sudditi fedelissimi e devoti. Vengono quindi stabilite alcune clausole riguardanti i tributi, i dazi ed il compenso dovuto al conte di Cattaro, dopodichè vengono riconosciuti gli statuti e gli ordinamenti comunali e la restituzione di alcuni territori. Il documento si conclude con il giuramento di fedeltà del procuratore di Cattaro. I bosniaci continueranno a premere più volte per riavere Cattaro, ma Venezia si opporrà sempre, a volte accettando il pagamento di un tributo da parte della città.
Nel XVI secolo Cattaro sarà sottoposta a ripetuti assedi da parte dei Turchi, ma riuscirà a respingerli. Nel 1687 Venezia riuscirà a riconquistare Risano e Castelnuovo e nel Trattato di Vienna del 1699 le sarà riconosciute il dominio su tutte le Bocche, ad eccezione di Sutorina e del Garbili, che durerà fino al 1797.
Il giuramento di Perasto “Ti co’ nu, nu co’ Ti ” al Gonfalone di San Marzo al quale partecipano i delegati di Cattaro costituirà, un punto di riferimento per tutto il Regno di Dalmazia incardinato nell’Impero austro-ungarico e sopravviverà al Regno di Jugoslavia e alla Federativa popolare socialista jugoslava di Tito per riaffiorare nella libera Repubblica del Montenegro che guarda all’antica alleanza con Venezia come un elemento costitutivo e fondante dello stato che si differenza con le vicine repubbliche serba, croata ed albanese, proprio per il fatto che la Dalmazia montenegrina vanta un vincolo di continuità con la cultura marinara, latina, veneta, solare, mediterranea e occidentale che ancor’oggi domina nel piccolo stato adriatico, a dispetto della diversità delle lingue.