Le residenze nobiliari
RAFFINATEZZE DEL POTERE
Testimonianze di un periodo d’oro,
espressione di un ceto colto e amante dell’arte
che manifesta il proprio potere con la maestosità delle residenze.
In una delle prime guide turistiche dedicate alla Valle di Non, scritta da Gioseffo Pinamonti nel 1829, si leggeva: «Eppure questa Naunia è tal paese che a cercargli un degno riscontro farebbe d’uopo gran parte girar della Svizzera che sì largamente è vantata.» Tale lusinghiero giudizio era basato oltre che sulla varietà di bellezze naturali anche da un numero altissimo, rispetto ad altre zone del Trentino, di chiese, affreschi, castelli e residenze nobiliari. Queste ultime, nel loro complesso, rappresentano un vero unicum. Per capirle meglio è necessario un inquadramento storico. Inizialmente le valli del Noce (Valle di Non e Val Sole) formavano un’unica giurisdizione alle dipendenze del Principe Vescovo. Un suo “vicedomino” aveva l’amministrazione economica e giudiziaria, aiutato da un “massaro” per la partizione e la riscossione delle tasse e da un “assessore” per risolvere le controversie. Nei secoli XIV e XV sorsero, accanto alla nobiltà più antica, molte altre famiglie nobili; i gentiles detti anche “nobili rurali”. Mai come nella Valle di Non furono numerosi; mentre furono poco presenti nelle altre valli del principato tridentino. Frequenti erano le insurrezioni contro il governo del Principe Vescovo, ma frequenti erano anche le pericolose intrusioni dei conti del Tirolo.Il Principe Vescovo cercava di legare a sé il maggior numero di famiglie influenti con privilegi e titoli nobiliari. Nominava in cambio della fedeltà. Ottenere il titolo di nobile rurale significava avere il permesso di portare armi per «sicurezza, necessità e decoro». Classe in ascesa, questa nuova piccola nobiltà aveva cultura e raffinatezza testimoniata da belle residenze di gusto rinascimentale, nuova immagine del proprio ruolo nella società in forte trasformazione. Non abitava in castelli, molti ormai abbandonati, ma viveva insieme con la popolazione, con le stesse abitudini, distinta solo da maggior agiatezza e da raffinate residenze. Nella seconda metà del secolo XVI nasce un modello di villa-palazzo a pianta quadrangolare, dove è possibile rilevare le proporzioni auree e un influsso del rinascimento italiano e dei suoi testi teorici; quindi il modulo gotico viene abbandonato. Una vera rivoluzione architettonica. Numerosi e bellissimi sono gli episodi in Valle di Non, tra i quali significativi appaiono: casa Morenberg a Sarnonico, palazzo de’ Campi a Cavareno, i palazzi ad Arsio, Casa de Pretis a Cagnò, Casa Thun, Casa Arsio, Casa Campia e Casa Bertagnolli tutte a Revò, casa Geri e casa Sarcletti a Casez, casa Conci a Mollaro e successivamente Palazzo de Gentili a Sanzeno, un vero gioiello. Il primo dato rilevante che accomuna gli edifici è di tipo urbanistico: le nuove residenze sì collocano, in genere, subito ai margini dell’abitato esistente, caratterizzando una nuova immagine del nucleo storico. I palazzi si aprono alla luce, al sole con splendide meridiane, all’arte grazie alla testimonianza di artisti, sia di scuola italiana che tedesca, fatti venire apposta per ornare la casa di gente aperta al mondo che vuole sia rappresentata la propria conoscenza e le proprie passioni. Ammiriamo, quindi, affreschi con strumenti musicali, stemmi araldici, astrolabi, mappamondi, scene di caccia, figure mitologiche, fiori, frutta, erbe medicinali, tavolette alchemiche e quadrati magici. Gli interni si fanno accoglienti con largo uso del legno, stufe in maiolica, mobili decorati, oggetti vari. Le stanze si aprono su bifore e serliane, i portoni divengono più grandi, più decorati; vasti saloni con quadri dei padroni di casa aprono agli amici, alle feste, alla musica. L’immagine complessiva dell’architettura è frutto di un compromesso tra le istanze innovatrici introdotte dalle maestranze forestiere e la radicata volontà dì continuità espressa dalla comunità locale. Nuove geometrie ed evidenti simmetrie caratterizzano questi nuovi manufatti; a volte la diagonale disegna agli angoli torrette pensili; altre volte portali bugnati o archi a tutto sesto rendono gli ingressi aperti funzionalmente e psicologicamente all’esterno. A Sanzeno, vero palinsesto all’interno del quale molti processi storici si sono sedimentati, il Palazzo de Gentili chiude la vasta piazza con elegante imponenza addolcita da trifore ed elaborate inferriate, una diversa dall’altra. All’interno, la sorpresa di un arredamento integro costituito da mobili e accessori della famiglia gentilizia e da tutto quanto costituiva l’ambiente di un farmacista-erborista. Non manca la biblioteca e la quadreria composta da ritratti dei membri della famiglia ma anche da nature morte e scene di caccia al cervo. Al piano secondo un salone è ornato, oltre che dallo stemma nobiliare, dalle rappresentazioni in stucco delle quattro stagioni, capolavoro rococò in Trentino. Come nelle altre dimore troviamo segni di una sensibilità particolare di una committenza colta ma non vanitosa, gelosa delle proprie tradizioni ma non chiusa al mondo. La sequenza delle stanze di queste residenze nobiliari affascina ed emoziona; i nobili non badarono a spese e ancora oggi queste residenze, molte delle quali restaurate e di proprietà pubblica, si aprono ai visitatori con garbo e raffinatezza, testimonianza di un periodo d’oro per la Valle di Non.