Page 97 - Val Tramontina
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AMBIENTE FOLCLORE CULTURA ENOGASTRONOMIA
accreditata presso il borgo abbandonato di Frassaneit, mente affumicate e stagionate. Il sapore ̀ forte, deciso
in comune di Tramonti di Sopra. La nascita della Pitina e intenso. La Pitina pù essere consumata cruda, cotta
deriva dall’esigenza, da parte delle comunit̀ rurali, di nel br̂t de polenta come da tradizione, o scottata sulla
conservare la carne a disposizione quando le quantit̀ piastra; oggi ̀ regina nelle preparazioni gastronomiche
erano superiori alle necessit̀ immediate. Le carni uti- che la propongono accompagnata dai pì svariati ingre-
lizzate erano di camoscio o capriolo, quando gli animali dienti. La pitina ̀ anche un presidio Slow Food.
venivano catturati durante le operazioni di caccia, o pro- L’economia che caratterizzava quasi tutte le zone di
venivano da caprini, ovini e bovini che erano macellati montagna era prevalentemente di tipo agricolo, costi-
occasionalmente, quando l’animale a causa di incidenti tuita dai pochi prodotti che la Terra Tramontina sapeva
o malattie, non poteva sopravvivere. Agli inizi degli anni dare. A Tramonti di Sotto, primo dei tre paesi della Valle,
ottanta del Novecento, Mattia Trivelli, macellaio di Tra- sul quale tarda ad arrivare la levata del sole, era partico-
monti di Sopra, intuisce che le peculiarit̀ del prodotto larmente diffusa la coltivazione della rapa, la cui cottura
avrebbero non soltanto valorizzato la gastronomia locale, richiedeva tempi prolungati; questa peculiarit̀, legata
ma ne avrebbero fatto un prodotto unico che sapeva di- al carattere piuttosto schivo e introverso della gente,
stinguersi dalle produzioni delle altri Valli Pordenonesi ha fatto s̀ che i Tramontini “di Sotto” si guadagnasse-
(Peta e Petucia); a tutela del marchio “Pitina”, nel 1989 ro l’appellativo (tuttora diffuso) di “Cr̂z” da Vil di Zot
Mattia presenta domanda di registrazione dello stesso (“Crudi” di Tramonti di Sotto).Ma i Cr̂z ben sapevano
all’Uficio Italiano Brevetti; l’impegno e la passione di come sfruttare tutta la bont̀ di questo povero ma ab-
Mattia, scomparso nel 1992, collocano questa preziosi- bondante ortaggio: oltre al bulbo (che veniva lessato e
t̀ gastronomica tra i prodotti pì apprezzati delle Valli condito o con cui veniva prodotta la classica brovada),
Pordenonesi e della regione; attualmente ̀ in corso la erano utilizzate anche le foglie (viscja) che, per̀, giun-
richiesta di riconoscimento IGP. Nel 2012 ̀ stato istitu- gevano a giusta maturazione solo dopo essere state inve-
ito il Primo Premio Mattia Trivelli, rivolto ai ristoratori stite dalla prima brinata dell’anno, che conferiva loro il
e dedicato al piatto che, a giudizio di una commissione tipico sapore dolciastro; allora venivano raccolte, cotte,
di esperti, meglio valorizza la Pitina. Nella preparazio- triturate inemente, lavorate e cotte con il br̂t di polen-
ne della Pitina, la carne viene sgrassata e privata dei ta per ottenere il Pistum, che faceva da companatico alla
tendini, tritata, salata, pepata e aromatizzata con erbe, polenta che abbondava in tutte le case e costituiva uno
bacche, aglio e vino. Dall’impasto si ottengono polpette degli alimenti principali. Il Pistum vanta una tradizione
di una decina di centimetri di diametro e 3-4 cm di spes- risalente all’Ottocento, tramandatasi di generazione in
sore; il peso si aggira intorno ai 200-250 grammi; le pol- generazione nel corso di decenni,di cui esiste documen-
pette vengono passate nella farina di mais e successiva-tazione risalente a circa trent’anni fa.
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