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La costruzione della cittadella
dalla caratteristica pianta stellata con nove baluardi determinanti
un poligono regolare di diciotto lati, fu decisa dopo aver scartato
l’ipotesi di potenziare le difese di Udine (esiste uno schizzo
dello stesso Giulio Savorgnan) e di altri luoghi minori come,
per esempio, Strassoldo. Prevedibilmente il disegno fu impostato
secondo il sistema del fronte bastionato, estensibile e modificabile
elasticamente per moduli a seconda delle caratteristiche del
sito e delle esigenze della committenza, sistema all’epoca già
collaudato e che aveva trovato ampia diffusione per mezzo soprattutto
dell’editoria specifica. La nuova fortezza s’inserisce quindi
pienamente nel grande flusso progettuale che, alla luce delle
nuove esigenze belliche ma anche nutrendosi della mai abbandonata
utopia della “città ideale”, interessò l’architettura fortificata
e l’urbanistica europee a partire soprattutto dal Cinquecento.
Fortezze perfette, tanto che paradossalmente la loro stessa
perfezione portò quasi sempre alla loro praticamente continua
inattività; ciò comunque era previsto: il loro compito fondamentale
era quello di costituire «un stecho negli occhi» dei nemici
(secondo le parole di Giulio Savorgnan, ideatore di Palma),
ossia di dissuadere gli eventuali aggressori da ogni velleità
bellica con la loro semplice presenza e la presunta inespugnabilità.
Alle scelte definitive si giunse dopo vari ripensamenti e con il
contributo di numerosi «inzenieri» fra cui Vincenzo Scamozzi, al quale
la critica assegna ormai concordemente almeno la progettazione
dell’imponente duomo affacciato sulla piazza, cuore della città
fortezza, e delle tre porte monumentali che si aprono alle direttrici
verso Aquileia (la prima ad essere costruita, nel 1598), Udine e
Cividale (ultimate nel 1605) e che sembrano dar corpo alla descrizione
che lo stesso architetto dà in generale ne L’idea dell’architettura
militare (Venezia 1615): «Nel mezzo di esse si farà l’andar
principale, e uno a |
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destra e l’altro a sinistra, tutti in volto
sostenuti da grossi pilastroni di pietra, e buona mura di mattoni [...];
di qua e di là coperti da passeggiate e tenir l’armi di soldati che
vi stanno alla guardia, e più dentro dell’une e dell’altre vi si
facciano le loro habitationi e luoghi da foco per il verno e altre
comodità bisognevoli ai soldati. Gli ornamenti all’aspetto di fuori e
di dentro delle porte devono essere sodi, e robusti, acciò possino
resistere all’ingiurie de’ tempi e alle offese de’ nemici, ma però
c’habbino del grave, e fatte con belle modanature».
L’organizzazione degli spazi interni della fortezza segue precise
indicazioni teoriche: l’arsenale ubicato presso la porta Aquileia o
marittima, quindi in prossimità della via di comunicazione con Venezia
e il mare; le caserme equamente distribuite e quasi addossate alla cinta
difensiva, sì da consentire un pronto afflusso delle milizie sugli
spalti; gli edifici di rappresentanza e le sedi delle istituzioni civili
e militari affacciati sulla piazza. Fin dalla sua fondazione Palma fu oggetto
di numerosi interventi, attuati soprattutto per adeguare le mura alle
diverse tecniche di assedio determinate in particolare dalle nuove armi
da fuoco, per esempio la costruzione dei rivellini, già previsti nel
1645 ma ultimati nel 1700.
Caduta in mano francese, durante l’occupazione napoleonica (1806-1813)
la fortezza vide gli ultimi grandi lavori di ampliamento dei circuiti
muniti con la costruzione di opere difensive avanzate e di collegamenti
sotterranei. In questo periodo vengono costruite anche aggiornate opere
edilizie che s’inseriscono nel tessuto urbano palmarino, quali nuove
caserme con coperture protette in terra per attutire gli effetti
delle bombe e dotate di forni per il pane e di cantine e polveriere,
collocate prudentemente a debita distanza dall’abitato.
Ancor oggi, nonostante scelte edilizie non sempre felici, Palmanova si
presenta come uno fra i più significativi monumenti fortificati della
regione: la grande mostra realizzata nel 1993 per celebrarne i
quattrocento anni della fondazione, se ha contribuito a risvegliare
l’interesse per l’innegabile bellezza della “città stellata”
friulana, al tempo stesso ha consentito di collegarla con le altre
fortezze simili progettate nel nostro continente, mettendone in risalto
il ruolo primario di modello tanto esaltato dai contemporanei.
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