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All’esterno il gotico manifesta la sua forza soprattutto nella parte absidale: nella severa austerità del mattone, la triplice sporgenza delle absidi crea un intenso movimento di masse che, con sapiente gioco di vuoti e pieni, culmina in quella maggiore, dominante e altissima. Lo slancio mirabile di linee ascendenti impresso dalle sottili lesene, sottolineato dalle modanature e dalle esili cornici di pietra bianca delle strette finestre, con l’ulteriore scatto vertiginoso del campanile, costituisce un alto valore di puro ritmo architettonico. La dinamica della parte absidale si attenua nella maggiore distensione e compattezza del transetto e dell’enorme corpo della chiesa.
La semplice facciata, defilata per posizione urbanistica, si slancia al centro, sopra il grande rosone ornato di terrecotte. L’interno ha una spazialità grandiosa, dilatata in lunghezza (85 m ca.) e, soprattutto, in altezza (30 m ca., maggiore del Santo a Padova e di Santi Giovanni e Paolo a Venezia). Qui tutto vive in una avvolgente atmosfera luminosa, riverberata in toni caldi e dorati dal mattone. A croce latina, la chiesa ha tre navate e transetto, nel quale si aprono cinque cappelle parallele.
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Come molte architetture religiose medioevali, anche questa si offre ad una lettura in chiave simbolica, indicando l’elevato livello di elaborazione intellettuale della sua concezione, evidentemente presieduta dai Domenicani e, forse, ispirata dallo stesso Benedetto XI. Le navate minori hanno notevole altezza, suggerendo una percezione unitaria e fluente dello spazio, dove risaltano isolate le 12 alte colonne cilindriche, dieci laterizie e le due anteriori diversificate con l’uso della pietra.
Il preciso riferimento agli Apostoli si integra con quello costituito dal principale elemento caratterizzante l’interno: la luce.
Essa attira in un lento percorso inesorabile, accompagnato dalle colonne-Apostoli, verso il presbiterio e l’altare dove, dalle vaste finestre absidali, entra da oriente col primo raggio del giorno e poi irrompe intensissima.
Il presbiterio di San Nicolò è infatti, in Italia, una delle più compiute rappresentazioni della equivalenza luce-Dio, fondamento teologico del gotico stesso. Le modanature a fasci delle altissime finestre generano un vertiginoso moto ascensionale, che risale nelle nervature del catino absidale e si concentra al vertice dell’arcone, da cui un tempo scendeva il Crocifisso.
Ma la navata centrale si dilata lunghissima anche in profondità, grazie allo spettacolare soffitto ligneo polilobato a “carena di nave”, realizzato nei restauri ottocenteschi riprendendo modelli medioevali veneti. In origine più di metà della navata centrale era occupata dal grande coro a stalli dei frati, smontato nel Seicento, e solo la restante parte posteriore era destinata al pubblico.
Prima ancora che la nuova chiesa fosse compiuta, sulle pareti e, soprattutto, sulle colonne cilindriche, si mise all’opera una schiera cosmopolita di pittori frescanti, veneti e di altre scuole italiane (marchigiani, romagnoli, senesi ecc.), testimoni della vivace apertura della Marca nel Medioevo. Tra le tante dolcissime immagini di Madonne e Santi, offerte votive di devoti trevigiani del Trecento, quelle uscite dal pennello di Tomaso da Modena spiccano per sublime grazia gotica unita a forza realistica mai prima tentata. Fine
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