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Scrittore e saggista |
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"Amacord" |
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GIOIOSA
CITTÀ D'ACQUE E DI ARTISTI |
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Le magiche vibrazioni dei colori, le atmosfere
suggestive e la dolcezza del vivere nel ritratto indimenticabile di un
luogo unico ed incantevole. |
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Treviso bisogna entrare
per una stupenda porta veneta, la porta di San Tomaso coi suoi
leoni e i suoi stemmi che ricordano antichi procuratori della
repubblica veneta. Ma la porta non è dedicata a San Tommaso
soltanto, ma anche a Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury,
di cui a Treviso c’era il culto come pare testimoniare un raro
e splendido affresco del XIII secolo nel Museo Diocesano che
ne rievoca il martirio. E così si entra nel cuore della città
vecchia.
Mi piace Treviso perché ha il sapore e la quieta sapienza delle città d’Oriente; da qui spesso parto per i miei deserti in cui mi ritrovo solo e felice perché so che ho un approdo cui ritornare, magari risalendo le limpide acque del Sile, ove fluttuano lunghe alghe simili a capelli che in primavera emergono come isole provvisorie, punteggiate di fiori bianchi e
profumati.
Nelle acque dei canali, che attraversano la città dividendola in tante
isole, un minuscolo arcipelago, si specchiano facciate con tracce di affreschi e decorazioni da festoni di foglie, di frutta e volti di putti, diafani, sfumati e pallidi come se una nebbia salita dalle acque li avesse provvisoriamente velati in attesa d’un improvviso raggio di sole che ne annunzi il ricomparire miracoloso.
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La vita a Treviso si svolge da sempre dentro la cerchia delle Mura venete e lungo le antiche vie del centro, affollate alla domenica da frotte di giovani venuti in gran parte da fuori con la loro giovinezza esuberante che sembra illuminare le strade e le rive dei canali. Questo passeggio ha una continuità primaverile e autunnale per cui sembra che la vita non passi mai e che gli attori di questa commedia umana siano sempre gli stessi e da sempre conosciuti, perché le fattezze dei figli sono quelle dei padri e più in là di personaggi antichi che ci hanno preceduti.
Dall’acqua dei canali che non tace mai nasce sommessa e gentile la parlata trevigiana e dall’acqua che riflette mobili e fluttuanti le facciate nasce l’affresco.
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Nella urbs picta, la città dipinta in cui ogni facciata era un pergolato, preludio di immaginarie vendemmie, sono vissuti uomini illustri che hanno dato lustro non solo alla città ma all’Italia e i nomi di Arturo Martini, Giovanni Comisso, Juti Ravenna, Giovanni Barbisan e di tanti altri rivivono in libri, quadri, sculture. Erano artisti pazzi della pazzia dell’arte che cercavano di staccare lo spirito dal corpo per farlo vivo e in eterna giovinezza.
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