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Il secondo santo spicca per la varietà cromatica delle vesti, vivo contrasto di rosso e verde: l'abito sacerdotale è impreziosito da motivi dorati. Sul capo figura un simbolico cilindro e la destra regge un cartiglio. In posizione centrale della scena predomina l'immagine di un santo cavaliere con cappa di ermellino e risvolti rosseggianti come il copricapo; il fodero della spada alzata e le calzature brillano come gli speroni dorati che accrescono dignità e autorità all'immagine. Ai suoi piedi, la figura ridottissima del committente orante, mentre alla sua sinistra la teoria dei personaggi continua con la seconda coppia di santi. Di particolare rilevanza la preziosa veste del giovane, che ha nella destra un oggetto, forse un piccolo rotolo. Viene ultima, anche nel tempo (forse del '400), sulla stessa parete, una Madonna in trono con Bambino poppante: immagini intensamente espressive. Lo sguardo di Maria è proteso lontano, quasi presago dei dolorosi eventi che attendono il Figlio; il Bimbo succhia tranquillo il latte materno. Di fronte, figura il resto di una porta che doveva accedere a un locale adiacente la canonica. Ora c'è il quadro orientaleggiante della Madonna. Un primo, esteso intervento dell'intero manufatto dovrebbe porsi in età rinascimentale per evidenti accresciute esigenze di spazio e di funzoni della chiesa, con la realizzazione di presbiterio e sacrestia. Avvenne allora l'infausta demolizione di gran parte della parete di fondo, con la conseguente costruzione della sacrestia dal soffitto a botte. L'arco a tutto sesto di accesso doveva fatalmente figurare eccentrico rispetto al corpo della chiesa. Si realizzava allora anche il campanile, dalla cuspide conica e accesso sopraelevato, tuttora esistente e praticabile forse con una scala di legno esterna e ballatoio, oggi eliminato. Tutto il nuovo locale dell'altare maggiore venne affrescato, con opere in piano ben determinato: cielo pittorico plurimano, di episodi evangelici. L'arco di accesso è marcato da un fregio esterno a motivi floreali, particolarmente armonioso e di un certo effetto. Il sott'arco a sinistra, è decorato da una figura, forse di morte con falce o di santo con spada (ora solo sinopia), e da una notevole teoria di medaglioni, raffiguranti i quattro primi Dottori della Chiesa: Ambrogio, Gerolamo, Agostino, Gregorio Magno. I manufatti del coro presentano, in basso, varie figurazioni di santi con scene di vita religiosa ispirate a passi evangelici. Le due lunette di volta contengono l'una il martirio del diacono Vincenzo, l'altra una stupenda Natività; caratterizzano l'insieme la drammaticità dei personaggi che sembrano presi di fresco da scene di vita popolare. L'abbigliamento, con interessanti costumi, lo sfondo dei diversi scenari, i profili degli edifici di contorno, rendono ogni cosa ispirata ad un notevole realisrno, rifinito da particolari curati nel tratto geometrico e che rivelano una notevole sapienza compositiva. Spicca nel complesso delle azioni il martirio di S. Vincenzo: vittima e sgherri balzano in rilievo con forti tonalità espressive. Il cielo dell'abside, suddiviso nei quattro spicchi attornianti il clipeo centrale, evidenzia una mano valida di compositore, il quale realizza i simboli dei quattro evangelisti con vivo senso religioso e armonia nell'uso dei vivaci colori. Merita particolare attenzione l'umbone del centro dove l'autorità del Cristo folgoreggia nella raggiera con i suoi occhi splendenti e ammonitori. Un secondo intervento si colloca, salvo diverse prove determinanti, agli inizi del seicento allorquando, senza dubbio sotto la pressione di esigenze logistiche e con lo scopo di rendere più ariosa la chiesa, vennero operati radicali rimaneggiamenti, i quali inflissero gravi lesioni al complesso artistico. Il tetto fu alzato di oltre un metro, la parete frontale ebbe il rosoncino a beneficio della luminosità. Il sottotetto venne rimarcato di un terzo fregio, di consistenza artistica e cromatica senz'altro più debole degli altri, ma con funzione decorativa. Però alla parete di destra venne inferto un duro colpo per l'apertura di una seconda porta, intesa a migliorare l'accesso e il deflusso della chiesa; veniva cosi' rovinata la parte inferiore del grande quadro parietale. Altra, peggiore rovina si ebbe con il rimaneggiamento della finestra del presbiterio, dove si distrusse parte dell'affresco in corrispondenza della Natività quattrocentesca in cui hanno un ruolo preponderante i pastori. Non da meno l'insieme del gregge. In fondo venne posto in opera il retro altare in pietra che nelle buone intenzioni dell'ideatore doveva assurgere a motivo ornarnentale del tempio e che, purtroppo, ne guastò il valore artistico. Ad alleviare il peso dei danni è giovato in parte l'inserimento della preziosa pala del Maganza con Vincenzo e Anastasio (palma del martirio in mano): offrono in miniatura alla Vergine in trono un piccolo plastico della città di Vicenza. Ovunque è diffusa un'atmosfera intensa di religiosità, accresciuta dal colorismo e dai chiaroscuri: ottima esecuzione, datata 1613, commissionata all'artista da Annibale Thiene. Un arco ideale unisce, pertanto, i membri di un'unica famiglia, i Thiene, nelle vicende storico-artistiche della chiesa, segnate da due date certe. Quanto al futuro e alla sopravvivenza delle opere, è doveroso un meritato riconoscimento a coloro che, in qualunque modo, hanno contribuito al loro recupero, con l'augurio che una rinvigorita vitalità dell'edificio ne perpetui il prestigio, l'ammirazione e insieme la devota venerazione. | |||