VALENTINA FERRARIN |
|
|
||
|
rturo Ferrarin, detto il Moro per la sua carnagione scura, fu uno degli 'assi'
dell'aeronautica italiana tra la prima e la seconda guerra mondiale. Acrobata
eccellente, egli nutrí una vera passione per il volo che lo portó a realizzare imprese,
gare, records e a svolgere l'attività non meno importante di collaudatore e
consulente di varie aziende costruttrici di aeroplani. Nato a Thiene il 13 febbraio 1895 da una famiglia di
imprenditori lanieri, ottenne il brevetto di pilota durante la guerra '15-'18.
Combatté nell'82a squadriglia, guadagnandosi due croci al merito e
una medaglia d'argento al valor militare. La sua impresa più famosa, tuttavia, quella che lo rese
celebre, fu certamente il raid Roma-Tokio. Scopo di quest'impresa, ideata
inizialmente da Gabriele D'Annunzio insieme con il poeta giapponese Haru-Kichi
Shimoi, era quello di dimostrare le possibilità dell'aereo in quanto mezzo di
trasporto e di collegamento per distanze notevoli. Ma nella difficile e tesa
atmosfera del primo dopoguerra, D'Annunzio finì per non partecipare al raid,
scegliendo di diventare protagonista a Fiume. Dei tanti piloti partiti dall'Italia alla volta di Tokio,
solo i tenenti Arturo Ferrarin e Guido Masiero, con i motoristi Capannini e
Maretto, riuscirono ad arrivare alla meta: partirono il 14 febbraio 1920 e
atterrarono in Giappone il 31 maggio, dopo un volo a tappe durante il quale
superarono innumerevoli avventure e difficoltà. Solo il Moro, tuttavia, fu considerato vincitore a pieno titolo del volo, nonostante
avesse cambiato velivolo a Calcutta. Masiero, infatti, fu costretto da un
incidente a compiere un tratto del percorso in nave. Al ritorno in patria, non venne preparato alcun tipo di
accoglienza ufficiale perché i tempi non
consentivano dimostrazioni. Ciò era in palese contrasto con i
festeggiamenti grandiosi e i prestigiosi doni che gli aviatori italiani avevano
ricevuto in Oriente: basti dire che ebbero un colloquio personale con
l'Imperatrice giapponese, evento mai verificatosi prima, e che ricevettero la
più alta onorificenza nipponica, la spada di Samurai. La delusione all’approdo
a Brindisi fu ripagata in parte dall’entusiasmo con cui i concittadini
accolsero Arturo Ferrarin a Thiene. Il nome di Ferrarin durante gli anni Venti comparve a più
riprese nelle cronache del tempo: missioni aviatorie all'estero, la Gran Coppa
d'Italia nel 1922, la crociera europea nel 1925, la Coppa Schneider -gara
internazionale di velocità per idrovolanti- nel 1926 e nel '27. Nel 1928 si svolse la seconda grande impresa del Moro: il raid in Brasile fatto insieme
al magg. Carlo Del Prete, persona molto stimata da Ferrarin. Dopo una
preparazione che comprese anche il superamento del primato di durata e distanza
in circuito chiuso, i due amici compirono la traversata dell'Atlantico senza
scali intermedi un anno dopo l’impresa di Lindbergh. La vicenda ebbe,
purtroppo, un triste epilogo: Del Prete morì in un incidente aereo in Brasile.
Il dolore del Moro per la perdita dell’amico fu molto profondo e perdurò come
un’ombra durante i festeggiamenti preparati al rientro in Italia. Questa morte, idealmente, segnò la fine del periodo
"dorato" della vita del Moro che
nel decennio successivo cambiò radicalmente, sia a causa di circostanze
contingenti, sia a causa di un nuovo modo di concepire l'aviazione. Con
l'avvento di Balbo a ministro dell'Aeronautica, infatti, gli 'assi' furono
eliminati dalla scena e l'aviazione venne apprezzata nel suo insieme, senza
predilezioni per nessuno. | ||