San Zenone degli Ezzelini
EZZELINO DA ROMANO
 
Le radici storiche e culturali che affondano nella terra di San Zenone vanno recuperate a difesa del domani.
 
     
 
Nella Marca Trevigiana del XIII secolo - territorio corrispondente circa all’attuale Veneto - dominava la famiglia degli Ezzelini, il cui nome tedesco Hetzin significa letteralmente “ferro”, vale a dire “guerriero”. Precisamente a San Zenone degli Ezzelini, amena località adagiata sulla dorsale dei Colli Asolani, uno dei membri della famiglia, Alberico da Romano signore di Treviso e fratello di Ezzelino III da Romano, trovò la sua fine. Era il 24 agosto 1260 allorquando, in prossimità della torre che tuttora si staglia all’orizzonte di scuri cipressi, si consumò, su ordine del podestà di Treviso, Marco Badoer, la strage della famiglia più potente del tempo. All’epoca, infatti, la dominazione ezzeliniana si estendeva dal Triveneto alla Lombardia con vasti possedimenti, conquistati dal capitano di ventura nell’arco di un ventennio. Tuttavia, proprio in quel periodo, fallito il tentativo di conquistare Milano, Ezzelino III e la sua dinastia conobbero il loro inesorabile declino. Ferito e catturato dagli eserciti nemici sulle sponde dell’Adda nel settembre del 1259, Ezzelino III fu condotto a Soncino Cremonese dove morì dopo breve prigionia. Il fratello Alberico, allarmato per la situazione e sentendosi minacciato, lasciò Treviso per rinchiudersi nel castello di San Zenone dove – al termine di una resistenza durata alcuni mesi – fu orribilmente assassinato insieme alla moglie, sei figli maschi e tre femmine. Alberico dovette assistere alla loro morte, sopraggiunta dopo che furono perpetrate ogni sorta di sevizie. Quindi fu legato alla coda di quattro cavalli e trascinato a corsa sfrenata per le vie del paese. Il suo cadavere tagliato a pezzi fu inviato come trofeo alle città che avevano patito la tirannide dei da Romano.Questa storica strage, da tre anni viene consuetamente rievocata con una manifestazione in costume dal titolo “Eccidio degli Ezzelini”, promossa dall’associazione storico-culturale Academia Sodalitas Ecelinorum in collaborazione con il Comune di San Zenone degli Ezzelini, la Provincia di Treviso e sotto il patrocinio della Regione Veneto. La direzione artistica della rappresentazione – che si svolge durante un fine settimana di metà luglio (quest’anno il 12, 13 e 14 luglio 2002) – è affidata a Elio De Bon, presidente dell’Academia (che ha per logo la bifora della torre e i colori verde e oro degli Ezzelini), cultore e appassionato di storia medievale, studioso attento e ricercatore scrupoloso delle vicende e leggende legate alla stirpe degli Ezzelini.
 
L'oscurità tenebrosa ricorda la notte dell'eccidio e della tragica fine di Alberico.Le tre giornate medievali di San Zenone hanno come location la Piana degli Armeni e il presidio della Torre. In questi posti – peraltro assai suggestivi e lontani dalla trafficata statale che collega Bassano del Grappa a Montebelluna – vengono allestiti, in modo attendibile per materiali e manifattura, campi d’arme del XIII secolo, con presenza di dame e cavalieri, armigeri e giocolieri, musici e mangiafuoco, guitti e menestrelli. All’animazione partecipano ben otto associazioni di figuranti ed artisti, fra compagnie teatrali e gruppi musicali. Prenotando per tempo, lo spettatore può prendere parte a un banchetto medievale imbandito in una taverna del borgo con ogni sorta di pietanza e libagione. Esercitazioni militari duecentesche di tiro con l’arco e balestra trasporteranno il visitatore nel duro mondo delle contese e degli onori, del ferro e del sangue. Nel cortile del mercato chiuso, tra banchi di spezie e cantastorie, ci si può soffermare ad osservare scambi di prodotti artigiani o ascoltare editti. Cavalieri in un feroce duello.La notte dell’eccidio della famiglia di Alberico da Romano viene annunciata nel pomeriggio con l’assedio al castello e la reazione della guarnigione difensiva. La rievocazione della carneficina ha luogo, infatti, al calar della sera, quando nell’aria risuonano i combattimenti degli spadaccini, fino a quando l’atmosfera si fa grave e si inscena, come scrisse il Verci «quell’orrida tragedia che sarà sempre l’obbrobrio di que’ secoli, di que’ popoli. (…) Su gli occhi di quel disgraziatissimo padre gl’innocenti fanciulli furono ad uno ad uno decapitati, i corpi a brani lacerati. Si venne poi alle donzelle e alla moglie, giovin e ancora bella. (…) Fu acceso il fuoco e furono miseramente vive abbrucciate.(…) Alberico fu posto alla coda di un cavallo e strascinato per tutto l’esercito, lasciando il terreno intriso del suo sangue ed ogni sasso, ad ogni sterpo o spina, qualche pezzo delle carni». A distanza di dieci secoli la storia è purtroppo ancora intrisa di brutalità e devastazione, odio e vendette. Di potenti e prepotenti che sottomettono e capitolano.