Venezia
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FESTA
DE LA SENSA
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La
solennità della manifestazione comprendeva la celebrazione dello
sposalizio col mare. Il doge lo eseguiva dal Bucintoro, seguito
e attorniato dalle altre barche parate a festa.
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ffonda
le radici nel glorioso passato della Repubblica di Venezia la Festa
della Sensa, una delle manifestazioni pubbliche più significative
ed importanti fra le molte celebrate in Laguna per secoli. Ancora oggi,
seppure in maniera giocoforza ridotta, viene mantenuta viva dallamministrazione
comunale con il simbolico rituale dello Sposalizio del Mare, officiato
dal Sindaco. |
Papa Alessandro III, infatti, concesse indulgenze
a tutti coloro che avessero visitato la Basilica di San Marco negli otto
giorni (presto divenuti quindici) dopo la Festa della Sensa: cosa questa
che porterà a Venezia folle da tutto il mondo cristiano. E la Repubblica,
concreta e commerciante, non si lasciò certo sfuggire
lopportunità di organizzare attorno a questo evento religioso
un efficientissimo contenitore mercantile, accoppiando alla cerimonia
e allindulgenza religiosa listituzione di una Fiera campionaria,
che per secoli sarà fra le più ricche e importanti del mondo.
Per dare il massimo del risalto alla Fiera de la Sensa venne, infatti,
individuata larea di Piazza San Marco, spazio espositivo ineguagliabilmente
prestigioso. E dal 1307 si decise di chiudere le merci, che allinizio
erano esposte in semplici bacheche di legno riparate da tende, allinterno
di una specie di recinto, che viene nel tempo abbellito dagli interventi
prima del Sansovino (che nel 1534 ne cura il look) e poi dellarchitetto
Bernardino Maccaruzzi, che nel 1777,
in modo un po pacchiano ma molto efficiente, lo trasforma in un
grande edificio ellittico di legno, diviso in quattro settori, a doppio
porticato, che ospita nel porticato interno le merci più rare e
preziose, al riparo dalle intemperie; mentre nel porticato esterno vengono
esposti i prodotti di artigianato minore. Una costruzione, quella del Maccaruzzi, che sarà ammirata per la praticità del montaggio (si pensi che era possibile allestirla in cinque giorni e smontarla in soli tre), ma che a causa delle colonne lignee rivestite di carta per simulare il marmo verrà presa in giro dal gustoso anonimo epigramma popolare: «Archi de legno e colonnami in carta, idee de Roma e povertà de Sparta». Nel 1177, però, Papa Alessandro III, per ringraziare Sebastiano Ziani dellottima mediazione col Barbarossa, oltre a ricolmare di doni la città lagunare, secondo la tradizione avrebbe anche consegnato al doge veneziano un anello benedetto, accompagnando il gesto con le seguenti parole: «Ricevilo in pegno della sovranità che Voi ed i successori Vostri avrete perpetuamente sul Mare», e aggiungendo, secondo la testimonianza di Marin Sanudo, anche un invito a nozze: lo sposasse lo Mare sì come lomo sposa la dona per esser so signor». Fu così che alla tradizionale commemorazione della Sensa, fatta della semplice visita e benedizione al mare, si aggiunse anche lo Sposalizio al Mare, vero e proprio atto dinvestitura e di possesso dellAdriatico da parte della Repubblica di Venezia, che vedeva ormai il suo dominio marittimo riconosciuto dalle massime potenze europee dellepoca. Il rituale dello Sposalizio durante la Festa della Sensa è efficacemente dipinto dalle parole di Giustina Renier Michiel: «quando il vascello Ducale era giunto alla bocca del porto, si volgeva al mare colla poppa, e il Vescovo benediceva lanello nuziale, e presentavalo al Doge; indi versava un gran vaso di acqua santa nel luogo dove dovea cadere lanello, e il Doge gettandovelo pronunziava in latino queste parole: Mare noi ti sposiamo in segno del nostro vero e perpetuo dominio». Non si può, ovviamente, a questo punto non ricordare uno dei maggiori protagonisti della cerimonia della Sensa e dello Sposalizio: il mitico Bucintoro, la grande imbarcazione dalla quale il doge lanciava lanello. Una grossa galea, agli inizi, poi divenuta nel corso dei secoli la più grande e ricca imbarcazione da cerimonia che abbia solcato le acque veneziane, il cui nome ha unorigine etimologica assai incerta: chi dice che derivi dal Centaurum, limbarcazione rituale citata da Virgilio nellEneide, che a Venezia si sarebbe costruita doppiamente imponente, quindi Bi-Centaurum; chi pensa che sia invece la storpiatura di Ducentorum, cioè di barca per 200 uomini. Fatto sta che degli ultimi tre esemplari, realizzati praticamente identici, sappiamo che avevano dimensioni imponenti ed allestimenti sfarzosissimi. Il natante misurava 35 metri di lunghezza, 7 metri e mezzo di larghezza, 8 metri daltezza; era diviso in due piani, e per governarlo servivano tre ammiragli, 40 marinai e 168 vogatori, scelti fra i più atletici degli arsenalotti, cioè dei lavoratori dellArsenale di Venezia. E sotto il grande baldacchino, rivestito di velluto rosso, allestito al piano superiore con 90 seggi e 48 finestre protette da cristalli e tendaggi di seta,si veniva a creare una grande ed elegante sala. Lultimo Bucintoro, purtroppo, dopo la sua ultima uscita festosa, in occasione della Sensa del 1796, subì con la fine della Repubblica unignominiosa sorte.Dapprima nel gennaio del 1798 i soldati francesi strapparono dallimbarcazione tutti i preziosi intagli dorati, per bruciarli e ricavarne così oro fuso; alla vista delle volute di fumo che si levavano dallisola di San Giorgio, i veneziani sgomenti si dice che pronunciassero di bocca in bocca la frase amara: Bruciano il Bucintoro!, collegando simbolicamente a quel fuoco il bruciare della loro patria. Poi il nudo scafo, ribattezzato Prama Hydra, fu armato con quattro cannoni ed utilizzato come batteria galleggiante a difesa del porto di Lido. Infine la demolizione di quel che restava dellultimo Bucintoro fu completata, lanno 1824, dagli Austriaci che lo demolirono allArsenale. |