Dai vecchi documenti si apprende che quest’area incominciò ad essere denominata piazza Grande per non confonderla con la piazza del Comune attigua, mentre alla fine del Settecento, Giovan Battista Verci, grande storico bassanese, la chiamava ancora piazza Nuova per distinguerla dalla medesima, più antica.
È del 1275 la notizia del rifacimento del girone della Porta dei Leoni attraverso la quale si entrava nell’attuale via Matteotti. A destra c’è tuttora la loggia del Comune, del XV secolo, dalla quale venivano emanati gli editti e lette le decisioni prese dall’autorità comunale. Questa loggia sarà arricchita nel 1583 da un orologio, opera di Giovanni del Molino, che verrà sostituito da quello progettato da Bartolomeo Ferracina nel 1746. Quest’ultimo, che ha un quadrante in cui sono segnate le ventiquattr’ore, era stato ideato in modo che, a tempo opportuno, apparisse il segno zodiacale del momento. Quel complicato meccanismo è stato danneggiato da un incendio e nessuno è stato più in grado di ripararlo, per cui ora funziona come un orologio normale e i segni zodiacali sono tutti visibili.
Accanto al palazzo Remondini, verso piazzotto Monte Vecchio, si possono ancora leggere tracce di affreschi di Francesco e Bartolomeo Nasocchi, che raccontano la storia di Giuseppe venduto dai fratelli e in cui uno dei pittori raffigurò se stesso, fra due finestre, "in atto di dipingere".
Piazza Libertà è sempre stata distinta, dai bassanesi, con due denominazioni: piazza dei Signori (mai scritta in alcun posto) che è quella piccola porzione sotto la loggia comunale divisa da una strada di normale traffico e piazza Libertà che è la parte più grande verso ovest.

Nel 1932 vi sarà installato un nuovo leone di san Marco, opera di Giuseppe Zanetti, che ancora esiste. Nel suo lato est, la colonna reca un cartiglio in pietra in cui sono incisi i risultati delle elezioni, avvenute a Bassano nel 1866, relativi all’annessione del Veneto al regno d’Italia.
L’altra colonna ha storia meno movimentata, dal momento che sorregge un personaggio importante per Bassano. Il 29 dicembre 1682, infatti, Orazio Marinali farà installare una sua scultura, eseguita con l’aiuto dei fratelli, raffigurante san Bassiano vescovo di Lodi, santo patrono della città, che ancora si può ammirare. Su questa colonna sono incise due iscrizioni, volute dal cronista Mario Sale, soprintendente alla erezione della statua, secondo le quali la città avrebbe dovuto essere stata fondata dagli Euganei e ampliata dal troiano Antenore. Nel lato ovest vi è scolpito lo stemma di Bassano che, come è noto, rappresenta due leoni rampanti contrapposti, contro una torre. I due leoni, però, sono stati scalpellati dalla rabbia francese nel 1797 perché scambiati per l’emblema della Serenissima.
Il salotto buono di Bassano ha cambiato, nel tempo, anche titolazione; abbiamo visto che veniva denominata piazza Grande e Nuova; dalla chiesa che ne domina il lato sud fu chiamata piazza San Giovanni. Durante il regno sabaudo, ai bassanesi venne l’idea di rendere omaggio alla famiglia reale, perciò il sindaco di Bassano, nella seduta dell’8 giugno 1867, propose di dedicare piazza San Giovanni a Vittorio Emanuele II. Tale nome rimase fino al 1943 quando la Repubblica sociale italiana, chiaramente in contrasto con la casa regnante, decise di variarne la denominazione in piazza del Popolo. (continua ®)

 
 

Nei primi anni del XVI secolo vengono costruite due colonne nella parte orientale di piazza Libertà: nel 1517 il Comune fa innalzare una colonna conlo stendardo comunale e l’anno successivo il podestà Morosini quella con il leone di san Marco. Quando nel 1767 fu lastricata la piazza, entrambe vennero portate nella parte ovest dove ancora si trovano.
Questi due manufatti hanno ritmato la storia di Bassano. La colonna che ancora regge l’emblema di san Marco alternò il suo lavoro sostenendo ora il leone e ora una bandiera. Nel 1797 il leone scolpito dal Marinali, affermato scultore a livello europeo, venne distrutto dai Francesi in spregio alla Serenissima che dominava Bassano e al suo posto venne innalzato l’albero della libertà, poi sostituito dall’emblema asburgico; quindi, dopo l’annessione del Veneto all’Italia, sulla colonna venne piantata la bandiera italiana.