Un'area di grande pregio naturalistico
 
 
PAESAGGI FLUVIALI
 
 
Oltrepassando fiumi e pianure
e sfiorando i rilievi collinari a nord e le lagune a sud,
si scopre un territorio variegato con luoghi di suggestiva bellezza.
 
 
La riserva naturale di Cornino, il fiume Tagliamento e la piana del Campo di Osoppo
 
 
 
 
Le pianure del Veneto d’Oltrepiave e del Friuli Venezia Giulia costituiscono il settore più orientale della vasta pianura padana. Sono territori che digradano con lieve pendenza verso il mare, dalla base dei primi rilievi prealpini che li chiudono a nord con arcuata successione da Conegliano a Pinzano al Tagliamento, da San Daniele del Friuli a Cividale e alle storiche alture di Gorizia. I principali corsi d’acqua che attraversano questa regione pianeggiante sono i fiumi Piave, Livenza, Tagliamento e Isonzo.
Il Piave scende dalle falde del monte Peralba, nelle Alpi Carniche, attraversa il Comelico e il Cadore, dove accoglie i contributi di alcuni consistenti corsi d’acqua alpini. Dopo Feltre, nell’area prealpina bellunese, il fiume volge a mezzogiorno, incuneandosi tra i monti Grappa e Cesèn, sfiora il dosso del Montello ed esce in pianura a Nervesa della Battaglia. Da qui prosegue in un ampio letto ghiaioso suddiviso in molti canali intrecciati, separati da isolotti e barre. Tra Maserada e Cimadolmo due suoi rami divergono per racchiudere l’“isola” delle grave di Papadopoli, singolare varice di ghiaia e sabbia. A valle di Ponte di Piave il fiume si approfondisce nelle proprie fini alluvioni, passa per San Donà e sfocia in mare a Jesolo, nel porto di Cortellazzo. La pianura compresa tra Piave e Tagliamento è segnata dall’ampia depressione dei fiumi Livenza e Meduna in cui si raccolgono quasi tutte le sue acque. Il Livenza sgorga al piede dei monti di Caneva e Polcenigo da alcune sorgenti carsiche, le più note sono quelle della Santissima e del Gorgazzo, alimentate dalle infiltrazioni idriche degli altopiani calcarei del Cansiglio e del Cavallo.
Sotto Sacile il fiume accoglie il Meschio, che scende da Vittorio Veneto e, a valle di Motta, il Monticano, che nasce tra le ridenti colline di Tarzo e Refrontolo e passa per Conegliano e Oderzo. Il Livenza sarebbe un fiume tranquillo se non fosse sconvolto dalle violente piene primaverili e autunnali del Meduna e del Cellina, i due suoi principali tributari montani, che, a volte, ne mettono a rischio la tenuta idrica.
Per buona parte del percorso il Livenza segna il confine tra le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia con un alveo arginato assai tortuoso. Alcuni meandri abbandonati non solo testimoniano l’evoluzione storica del fiume, ma rappresentano pure delle interessanti oasi naturalistiche. Nel tratto vallivo il Livenza attraversa Santo Stino e Torre di Mosto, che conservano i segni di antichi castelli e torri di guardia, e raggiunge il mare a Caorle, diviso in due rami collegati da canali. Il Tagliamento, il maggiore fiume friulano, nasce nelle Alpi Carniche, sotto il Passo della Mauria. Riceve i contributi di numerosi corsi d’acqua montani, il più consistente dei quali è il Fella, che discende dalla Sella di Camporosso in Valcanale. Dopo l’immissione di questo affluente, il fiume piega verso sud, supera la stretta di Pinzano e Ragogna e quindi si distende nella pianura in un vastissimo letto ghiaioso dove perde quasi tutta la portata, peraltro già depauperata dai prelievi di monte. Il corso mediano del Tagliamento termina a Madrisio, dove il fiume si ripasce con le proprie acque sotterranee. Attraversa pensile Latisana, in un alveo arginato e sinuoso, e finisce in mare tra Bibione e Lignano. Durante le ere glaciali molte valli del Friuli furono modellate dal ghiaccio, ma solo il ghiacciaio del Tagliamento, che 25 mila anni fa copriva tutta la Carnia, è riuscito ad espandersi anche in pianura.
I suoi depositi frontali hanno formato l’anfiteatro morenico collinare che si estende da San Daniele del Friuli a Tricesimo e conserva il lago di San Daniele o di Ragogna, singolare esempio di lago inframorenico.
L’estremo territorio orientale del Friuli Venezia Giulia fa parte del bacino dell’Isonzo che proviene dalla Val Trenta nelle Alpi Giulie slovene ed entra in Italia poco prima di Gorizia. A valle della città il fiume si apre in una breve pianura alluvionale dove riceve il Vipacco e il Torre e quindi finisce in mare a ovest di Monfalcone, in vista del Carso e delle bocche del Timavo, il più misterioso dei fiumi carsici. Il principale affluente friulano dell’Isonzo è il Torre che scaturisce alla base dell’impervia e piovosa catena dei Musi, sopra Tarcento. In pianura, quando gli arrivano, esso accoglie anche le acque del Natisone, il fiume di Cividale del Friuli, e dello Iudrio che scende dalle fertili colline del Collio. La pianura veneto-friulano- isontina è stata costruita dai depositi diluviali lasciati dalle fiumane che scaturivano dai monti tra un’invasione glaciale e l’altra, fino all’ultima che si è conclusa circa 12 mila anni fa. Allo sbocco delle valli si formarono grandi accumuli di materiali che, per la loro forma a settore di cono, furono chiamati conoidi.
Sulla sinistra del Piave, da ovest a est, si susseguono, e in parte si sovrappongono, le conoidi del Piave stesso e dei fiumi Meschio, Cellina, Meduna, Tagliamento e Isonzo. Durante il lungo processo di gradazione longitudinale, dapprima si sono depositati gli elementi più grossolani, come le ghiaie, e poi quelli fini, come le sabbie e le argille. In pratica si sono formate due pianure: una superiore, l’alta pianura, che inizia alla base dei rilievi montuosi, e l’altra inferiore, la bassa pianura, che con lievissima pendenza arriva al mare. A motivo delle loro contrapposte ossature, le due pianure presentano morfologie e paesaggi diversi e a volte antitetici: l’alta pianura, dal sottosuolo molto permeabile, è secca e quasi priva di idrografia superficiale, la bassa, invece, è ricca di acque e coperta da vegetazione. Queste contrastanti condizioni naturali sono state in parte attenuate dai moderni interventi dell’uomo sul territorio, tuttavia le differenze di base sono ancora ben rilevabili. Una volta, l’alta pianura friulana comprendeva ampie distese di brughiere e di magri prati, i magredi. Aride plaghe magredili, relitti dell’antico ambiente steppico periglaciale, insistono ancora lungo il Cellina, da Maniago, a Vivaro e a Cordenons. Nell’antichità, nei paesi dell’alta pianura lontani dai fiumi l’acqua veniva portata con lunghe rogge che la prelevavano allo sbocco delle valli. Con il passare del tempo, esse furono quasi tutte sostituite da acquedotti e moderni canali; il più grande è il Canale Ledra-Tagliamento, che fornisce acqua anche alla città di Udine e attraversa l’intero alto Friuli, alimentando una pluralità di canali secondari e di nuove rogge, tipici elementi del paesaggio rurale. Alta e la bassa pianura sono separate dalla fascia delle risorgive, zona umida di transizione larga qualche chilometro, compresa all’incirca tra i 35 e i 20 metri sul mare, nella quale riemergono le acque disperse nel sottosuolo della pianura superiore.
La fascia delle risorgive si sviluppa con andamento sinuoso, sull’unghia delle conoidi alluvionali, prima nei territori di San Polo di Piave e Vazzola e poi fin quasi sotto le alture di Caneva e Polcenigo.
Da qui prosegue verso est per Fontanafredda, Zoppola e Casarsa della Delizia. Un singolare ambito naturale acquifero è costituito dall’area delle risorgive del Vinchiaruzzo di Cordenons, che con i contigui soprastanti magredi del Cellina forma un raro “continuo” ambientale, espressione di un’elevata biodiversità.
Da Codroipo, al di là del Tagliamento, la zona di risorgenza si abbassa nella pianura friulana e isontina fino a Monfalcone. Dalla fascia di risorgenza tra Piave e Livenza, traggono origine dei corsi d’acqua, oggi in parte arginati e canalizzati, come il Negrisia, il Grassaga, il Bidoggia, il Lia e il Piavesella e il Piavon, un antico ramo del Piave. Nella pianura friulana occidentale nascono il Sentirone, il Noncello, che attraversa Pordenone, e, sulla sinistra del Meduna, i fiumi Fiume, Sile ( Sil) e Règhena che si versano nel Lémene, il fiume di Portogruaro. Dalle risorgive di Codroipo nasce lo Stella, il maggiore dei fiumi di risorgiva, il cui ampio reticolo idrografico drena gran parte della bassa pianura. Tra Tagliamento e Isonzo traggono origine anche il Varmo, il Turgnano, il Torsa, l’Aussa e il Corno, che tra San Giorgio di Nogaro e Cervignano delimitano una delle più importanti aree industriali e portuali del Friuli Venezia Giulia, e infine il Natissa, lo storico fiume di Aquileia. Lungo i corsi d’acqua sorgevano molti opifici, segherie e molini, i cui resti oggi si nascondono nella vegetazione ripale.
Quasi tutti i corsi d’acqua di pianura raggiungono il mare attraverso le lagune di Caorle, Marano e Grado, ultime porzioni della vasta distesa d’acqua che anticamente si estendeva dal Piave al Timavo. In questa regione l’uomo fu presente fin dai tempi remoti, grazie all’abbondanza di acqua superficiale, oppure sotterranea, ma facilmente reperibile. Nell’antichità il territorio era quasi completamente coperto da foreste di farnie e di querce, la sylva phaethontea, (la foresta di Fetonte, il figlio del dio Sole) e la sylva lupanica (la foresta dei lupi), che i Romani per primi iniziarono a trasformare con disboscamenti e con le geometriche centuriazioni agrarie. Una testimonianza delle primigenie selve planiziali è costituita dal bosco Baredi che si trova vicino Marano Lagunare. Una volta, a causa della loro scarsa pendenza, le zone più depresse della pianura erano soggette a inondazioni e impaludamenti. Le bonifiche, iniziate tra il Sette e l’Ottocento e proseguite con tecniche moderne nel Novecento, hanno trasformato le paludi in fertili campagne.
Una fitta rete di canali drena gran parte dei territori compresi tra San Donà di Piave e Aquileia. Un tratto della pianura isontina è stato sottratto anche al mare, da cui lo separano alti argini costieri, che proteggono le campagne coltivate, singolari esempi locali di polders olandesi. Sui piatti comprensori di bonifica emergono rari elementi verticali: gli edifici delle macchine idrovore e le obsolete case poderali, suggestivi esempi, queste, dell’architettura rurale dello scorso secolo. Però, gli antichi ambienti naturali di acqua, fango e canneti si ritrovano nelle lagune e in alcune valli da pesca, riorganizzate come riserve naturali ricche di fauna acquatica. E sul bordo di placidi canali si incontrano ancora vecchi “casoni” di legno e paglia e alti bilancieri con le reti dei pescatori.I fiumi dell’entroterra veneto-friulano e giuliano costituirono sempre importanti vie di comunicazione. Attorno ai loro porti fluviali sono cresciuti molti centri urbani, come la piccola città fortificata di Portobuffolè, la medievale Portus Buvoledi, sorta su un’ansa del Livenza in un luogo strategico per il controllo dei traffici del territorio liventino. In tempi recenti sulle rive dei fiumi sono state insediate moderne strutture commerciali e turistiche con notevoli capacità ricettive per la nautica di diporto. Un canale navigabile costruito agli inizi del Novecento, l’idrovia Litoranea Veneta, collega trasversalmente i corsi d’acqua di pianura con la laguna di Venezia e con l’Isonzo. Dalla costa si può risalire il Piave fino a San Donà, il Lémene fino a Portogruaro, il Tagliamento oltre Latisana e lo Stella fino a Palazzolo; si può arrivare anche a Pordenone attraverso il sistema Livenza-Meduna- Noncello.
 

Il fiume Piave nelle vicinanze di Segusino

I casoni alle Foci dello Stella

Valle Canal Novo

Cividale del Friuli, sul fiume Natisone

Sacile, il fiume Livenza

Per la maggior parte del suo sviluppo la costa adriatica nord-orientale è piatta con spiagge, dune, cordoni di sabbia, lagune e delta fluviali. Il suo assetto topografico e idraulico è però completamente diverso da quello di una volta. Fino al Settecento la foce del Piave si trovava a ovest dell’attuale confondendosi con quella del Sile. Per proteggere la sua laguna dagli interrimenti Venezia fece spostare a Cortellazzo l’uscita del Piave, mentre il fiume Livenza, che sfociava a Revedoli nel Porto di S. Croce, fu deviato nel Porto di S. Margherita di Caorle. L’originaria vasta distesa di acque è stata notevolmente ridotta, ma nel loro insieme le lagune di Marano e di Grado costituiscono tuttora uno dei maggiori complessi lagunari italiani. Al di là del golfo di Panzano, dopo Duino, la costa comincia ad alzarsi; le pittoresche bianche falesie segnano l’inizio della costa ripida e rocciosa, ultima propaggine dell’altopiano carsico che chiude a nord il golfo di Trieste.