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Naturalista Collaboratore
Dipartimento di Biologia Università di Trieste
   

 

Magredi di San Quirino, Risorgive di Flambro e Virco,
Torbiera di Schichizza

I BIOTOPI
 
Sono zone protette, ricchissime di specie e habitat rari;
frammenti di memoria di un paesaggio
che un tempo caratterizzava il territorio e che oggi
rischia di scomparire.
 
 
 
 

biotopi costituiscono aree protette di superficie ridotta la cui finalità principale è la salvaguardia di habitat e specie rare, spesso a rischio di scomparsa. Dal 1996 (anno della Legge Regionale sulle aree protette) a oggi ne sono stati istituiti ben 24, concentrati lungo la costa, nella fascia delle risorgive, nell’alta pianura magredile e nei rilievi collinari, dove gli ambienti naturali sono oggi rari e coprono superfici molto ridotte. Nell’insieme sono rappresentati i magredi, gli ambienti umidi costieri, le torbiere basse alcaline planiziali e le paludi collinari e montane.
La pianura friulana che vediamo oggi è il risultato di un’articolazione ecologica dovuta alla diversa granulometria dei sedimenti fluvio-glaciali a cui si sono sovrimposte le trasformazioni da parte dell’uomo, che nel corso della storia ha cercato di sfruttare le risorse che aveva a disposizione.
Il viaggiatore che un tempo attraversava questi luoghi vedeva prati magri ricoprire vaste superfici nell’Alta Pianura, ampie paludi occupare la fascia delle risorgive, ma anche in intricato mosaico con i boschi planiziali, tutta la Bassa Pianura. Bonifiche, razionalizzazione delle proprietà e miglioramento delle tecniche agronomiche hanno incrementato la superficie agricola utilizzabile e reso il paesaggio della pianura sempre più uniforme. Il viaggiatore curioso di oggi, però, può scoprire proprio all’interno dei biotopi dei magredi di San Quirino e delle paludi di Flambro e Virco testimonianze significative di habitat oggi quasi scomparsi, ma anche una delle ultime tracce del paesaggio antico della pianura friulana.

  La piana di Fusine, sullo sfondo il monte Mangart

 

 
 
 

Magredi di San Quirino
L’imponente sistema alluvionale formato dai torrenti Cellina e Meduna e dalla loro confluenza rimane certamente la porzione di pianura meno addomesticata dall’azione dell’uomo.
I suoli molto primitivi, assieme a un pascolo spesso transumante, hanno portato alla formazione e al mantenimento di enormi superfici di praterie magre (dette appunto magredi).
Ma è bene ricordare che questo paesaggio era diffuso in buona parte dell’Alta Pianura veneto-friulana.
A causa della progressiva ruralizzazione si sono conservate esclusivamente le aree sotto demanio militare, o più prossime ai greti torrentizi. Di tutto questo complesso sistema il biotopo di San Quirino include e conserva un lembo di circa venti ettari. Anche se a uno sguardo superficiale i magredi possono sembrare ambienti monotoni, la loro flora è assai ricca poiché rappresentano quasi un crocevia fra i mondi mediterraneo, illirico, alpino e centroeuropeo. Le abbondanti fioriture primaverili sono arricchite da numerose orchidee e da alcune vere preziosità quali il cavolo friulano (Brassica glabrescens), endemismo che cresce solo nei magredi friulani, e il crambio di Tataria (Crambe tataria), forse giunto in regione con le invasioni barbariche e oggi perfettamente stabilizzatosi (le popolazioni più vicine della specie si trovano in Ungheria).

 
Il prato magredile nel biotopo di San Quirino nella stagione estiva
Se si osserva con attenzione è possibile distinguere diversi tipi di prateria che si distribuiscono dalle ghiaie fluviali fino ai terrazzi più elevati, dove grazie a uno strato di ferretto vengono favoriti la formazione del suolo e il ristagno parziale dell’acqua. Fra la fauna va segnalata la presenza di numerosi rapaci.Ma uno degli aspetti che certamente colpiscono di più è il paesaggio: nelle limpide giornate invernali queste praterie sembrano scontrarsi con le Prealpi Carniche innevate.Verso sud, la leggera inclinazione dei conoidi alluvionali fa invece spaziare lo sguardo quasi fino al mare. L’acqua compare nei greti solo nelle piene più impetuose e quindi è forte la sensazione di essere immersi in una steppa simile a quelle dell’Asia centrale. Oggi i lembi di praterie magre devono essere gestiti per evitare che, abbandonato completamente il pascolo transumante, i fenomeni di incespugliamento prendano piede sui terrazzi più elevati, causando una perdita importante di specie vegetali e animali.

 

 
 
 

Biotopi di Flambro e di Virco
I lembi delle torbiere basse alcaline e dell’antico paesaggio à bocage della zona delle risorgive friulane sono oggi rari e forse gli esempi meglio conservati sono inclusi nei due biotopi adiacenti di Flambro e di Virco. Le risorgive si formano per la venuta a giorno delle acque, che nell’Alta Pianura scorrono sotto le ghiaie e qui emergono grazie ad un cambiamento di granulometria del substrato. Olle, fontanili, rogge e fiumi formano un intricato sistema di idrografia superficiale. Fra i numerosi habitat presenti i più rilevanti sono le cosiddette “torbiere basse alcaline” e i piccoli lembi dei prati da sfalcio su suolo torboso (molinieti). Erano ambienti difficili per la popolazione che ha continuato a trarne quel poco che offrivano. Venivano sfalciati almeno una volta all’anno e i carri erano fatti passare su dei piccoli tratturi rialzati. Un tempo questi ambienti erano assai più diffusi e l’abbondanza d’acqua ne garantiva la conservazione; oggi la falda si è abbassata e non vengono più sfalciati (per produrre strame) e così i fenomeni di incespugliamento progrediscono e portano alla graduale scomparsa delle specie più rare. Fra di esse sono presenti entità di rilevanza europea, quali lo spillone friulano (Armeria helodes) e l’erucastro friulano (Erucastrum palustre), le cui popolazioni sono limitate a pochi lembi di torbiera friulana. Ma non mancano anche altre rarità fra cui le numerose specie carnivore come la rosolia (Drosera rotundifolia), che con la cattura degli insetti sopperiscono alla scarsa disponibilità di azoto propria delle torbiere. Questi ambienti vengono frequentati da numerosi rapaci e sono l’habitat principale di molti anfibi e insetti rari. I fenomeni dinamici rendono oggi necessaria la gestione “attiva” di questi biotopi e pertanto vengono programmati decespugliamenti e sfalci, per mantenere vitali questi ambienti rarissimi e pressoché in via di scomparsa.

 
Una tipica olla nei pressi di Flambro
Passeggiando in queste aree si può intuire come fosse complesso il paesaggio agrario di questa porzione della pianura, dove si alternavano, a seconda della quantità di acqua, paludi, prati torbosi, prati più secchi, spesso arricchiti con concime organico, seminativi, boschetti e siepi.L’acqua, oggi canalizzata ovunque nelle rogge e nei canali di sgrondo dei campi, è un po’ l’elemento conduttore ma anche la chiave di lettura di questo paesaggio in cui l’orizzonte viene quasi sempre spezzato da un po’ di alberi o dai cespugli ordinati di una siepe.
 
 
 

Torbiera di Schichizza
Il biotopo occupa circa 10 ettari della porzione più occidentale della piana di Fusine, che si sviluppa fra le Alpi Giulie e gli estremi contrafforti delle Caravanche. Come in tutto il Tarvisiano a est della Sella di Camporosso, le acque che solcano l’area ricadono nel Bacino del Danubio.
Anche le caratteristiche climatiche della zona, con temperature più rigide e piovosità minore rispetto alle Prealpi, danno alla piana di Fusine un’impronta più centroeuropea. Il paesaggio, caratterizzato da prati umidi, torbiere solcate da numerosi rigagnoli e cosparse di pini silvestri, richiama maggiormente le Alpi centrali e settentrionali piuttosto che le paludi pedemontane. Nel biotopo crescono specie assai rare quali l’elabro bianco (Veratrum album subsp. album) e la rincospora chiara (Rhynchospora alba); anche le vistose fioriture del giaggiolo siberiano (Iris sibirica) e la genziana mettinborsa (Gentiana pneumonanthe) ne accrescono il valore floristico. Fra le peculiarità faunistiche si ricordano la presenza del riccio orientale (Erinaceus concolor roumanicus) e di numerosi altri micromammiferi. Molto interessanti sono pure i vasti prati sfalciati, spesso assai umidi che occupano quasi tutta la piana adiacente al biotopo.

 
La torbiera montana di Schichizza
Ai suoi margini è anche possibile osservare le tracce dell’antica ferrovia che, inaugurata nell’Ottocento, collegava Tarvisio con Jesenice e Lubiana.