Ricchezze e potenzialità di un territorio

IL GROPPELLO DEL REVÒ

 

Cgnò e Revò, visti dal lago di Santa Giustina

Per descrivere il Groppello, molti – a ragione – fanno riferimento ai fasti dell’età imperiale in cui il caratteristico vino noneso veniva esportato a Vienna come un prodotto ricercato e apprezzato, tanto che il leggendario imperatore Francesco Giuseppe, osservando la cura e la perizia con cui erano disposti i filari del Groppello, ne rimase profondamente colpito definendo i contadini – in un incontro con gli amministratori comunali – signori contadini.
Una visione romantica e nostalgica che è riuscita a colmare i quasi cento anni in cui il vitigno era quasi scomparso e la cui produzione era ormai appannaggio di pochi irriducibili che dovettero far fronte a molte avversità per perpetuarne la tradizione.
Per citare alcuni dati storici, la coltivazione del Groppello, forse già in uso nel periodo romano, è testimoniata da fonti scritte già nel Cinquecento (il Mariani, invitando chi fosse di passaggio a degustarlo, parlò di “nettare di montagna”) e nel Seicento , con i libri contabili della famiglia Maffei, giunti fino a noi, che ne riportano la quantità e la bontà nelle varie annate.
L’ auge di questo caratteristico vino dal sapore asprigno va dall’Ottocento (nel 1893 venne costituita la cantina sociale, fra le prime in Trentino con Riva e Borgo) fino ai primi anni del Novecento, quando lo scoppio della Grande Guerra, il proliferarsi della filossera e della peronospora e soprattutto il traumatico distacco del Trentino dall’Impero austro-ungarico, ne determinarono l’inesorabile declino.
Ma veniamo al presente. Oggi il Groppello sta vivendo una nuova giovinezza, prendendosi una rivincita storica nei confronti dell’imperante monocoltura delle mele che lo aveva di fatto soppiantato. Corsi e ricorsi della storia si dirà! Dopo una lunga trafila legale e burocratica, nel 2004 gli “irriducibili” hanno ottenuto dal Ministero delle Politiche agricole e forestali l’iscrizione del Groppello all’albo dei vitigni con la denominazione “Groppello di Revò” dopo l’esito dell’esame del dna che ha fugato ogni dubbio sul carattere unico e distinto del profilo genetico del vitigno coltivato nelle colline che digradano dalla plaga di Revò verso le pendici del lago di Santa Giustina.
Come anticipato in precedenza è scoccata l’ora del rilancio del Groppello: lo dimostra l’interesse crescente che la sua coltivazione suscita fra gli agricoltori della cosiddetta Terza Sponda, la fascia di terra, affacciata sul lago e sulla forra del torrente Novella, che comprende i comuni di Revò, Cagnò, Romallo e Cloz.
Le strade intraprese sono diverse, ma tutte concorrono e concordano nel promuovere il rilancio di questo vino di montagna.
Augusto Zadra “El Zeremia”, pioniere e primo a credere nelle rinnovate potenzialità del Groppello, si è fatto socio della cantina Pravis di Lasino che provvede a imbottigliare circa diecimila bottiglie; i fratelli Fellin, hanno creato una propria cantina occupandosi direttamente di tutto il processo di vinificazione e imbottigliamento; la maggior parte dei piccoli produttori, una cinquantina circa, si è invece associata nella cooperativa “Vino di montagna” il cui vice presidente Pietro Martini (l’attuale presidente è Carlo Clauser) spiega come tutta l’uva vendemmiata venga conferita ad una cantina di Mezzolombardo.
Sono state recentemente presentate al pubblico presso Casa Campia, a Revò, le prime bottiglie frutto dell’annata 2006. Opera anche un’Associazione per la tutela e la valorizzazione del Groppello, presieduta da Giovanni Rigatti.
Attualmente sono coltivati a vite Groppello più di tredici ettari di campagna, ma con la previsione di un costante aumento e di una parziale riconversione della monocoltura che potrebbe favorire una reale e concreta integrazione al reddito e una diversificazione economica che farebbe da volano all’incipiente sviluppo agrituristico.

Vigneto lungo le pendici del monte Ozol