La Val di Non
AMBIENTE E NATURA
Una panoramica di ciò che il territorio custodisce,
dai monti alle valli,
dai laghi alle cascate,
dalle malghe alle forre.
La Valle di Non si presenta come un vasto altipiano circondato da montagne. I torrenti e il fiume non si notano perché scorrono in profonde gole. Gli insediamenti umani non sono quasi mai sul fondovalle, ma sugli altopiani terrazzati che, quasi a corona, disegnano le gradinate dell’anfiteatro. La forra più grande, quella di santa Giustina, è stata sbarrata con la costruzione nel 1950 del bacino idroelettrico che ha fortemente modificato l’aspetto paesaggistico.
Geologicamente l’anfiteatro della valle corrisponde a una depressione tettonica e lungo la linea di faglia vengono a contatto formazioni rocciose diverse. La valle, cioè, è di corrugamento, una zona di transizione tra la piattaforma porfirica di Bolzano e i gruppi Adamello-Brenta, interessata poi da erosioni glaciali.
Prevale il calcare con ampie zone a marne, incise profondamente dal Noce e dai suoi affluenti. «Il porfido quarzifero – ha scritto Giovanni Battista Trener che tra i primi descrisse la geologia della valle – al cui centro d’eruzione, Bolzano, ci troviamo vicinissimi, serve di base all’altopiano della valle di Non e rimane a nudo nella parte superiore delle vallette del Pescara, di Trés, di Urbaner, di Jäger. Gli strati della Dolomia ... rialzati verso Est formano la catena del Roèn e del Pénegal. Il profilo che il Roèn presenta verso la Val d’Adige è quasi identico a quello che mette a nudo il torrente Pescara presso Preghéna.
Al porfido quarzifero seguono le arenarie variegate... il calcare conchiglifero e le dolomie. Nel centro della valle di Non la formazione giurese è rappresentata appena dal calcare ammonitico rosso...
I burroni del torrente Novella sono scavati nei depositi di scaglia ai cui lati si depositano qua e là i calcari nummulitici coperti in gran parte dal terreno morenico».
Va ricordato che durante le glaciazioni del Quaternario, nella conca penetrava il ghiacciaio dell’Adige nel quale confluiva quello del Noce e dalla massa di ghiaccio emergevano solo le cime più alte, mentre nell’epoca prequaternaria il fiume è probabile scorresse verso il Lago di Garda lungo il solco Andalo-Molveno-Ballino-Tenno. Un grande lago, forse, premeva a valle, presso la Rocchetta, verso l’Adige e provocava, con enorme pressione, la rottura del diaframma di roccia già erosa. Ne nacque una cascata che scavò la forra.
Complesso, come si può intuire, il sistema idrografico. Il fiume Noce, che nasce nel gruppo del Cevedale, entra in valle alla stretta di Mostizzolo – dove muta seccamente di direzione – e la attraversa sprofondando in una lunga gola. All’altezza di Cles la diga di Santa Giustina, alta 152,50 metri, forma il lago di sbarramento omonimo con una superficie di quattro chilometri quadrati, per 172 milioni di mc.
Affluenti di sinistra del Noce sono il Barnés, che forma la valletta di Brésimo; la Pescara, che scende dai paesi tedeschi di Laurégno e Provés e dalla conca di Rumo; la Novella, il più importante tributario che pure forma suggestive gole; il San Romedio. Quindi ancora la Valle, la Pongaiòla e il Rinassico. Affluenti di destra sono la Tresenga, che nasce dal “lago rosso” di Tovel e lo Sporeggio le cui acque spumeggianti – per via della forte pendenza al 146 per mille – nascono pure nel gruppo del Brenta. Altri laghi artificiali sono quello formato all’altezza di Taio da una seconda diga che crea tra i burroni un piccolo serbatoio, quelli gemelli di Tavón e di Còredo, il lago Smeraldo di Fondo e quello di santa Maria a Trét. Scarsi sono, invece, i laghi naturali anche se la valle può vantarne uno dei più famosi, il “Lago Rosso” di Tovel.
L’ambiente climatico è differenziato, soprattutto dalle quote, in più sezioni. Gli estremi termici vanno da valori annui di – 8º a + 35º. Le precipitazioni medie annue non sono molto elevate – tanto è vero che si è dato vita sin dal XVIII secolo a una rete di canali di irrigazione – e oscillano tra i 700 e gli 800 mm. Le statistiche meteorologiche dell’ISTAT dicono di settantatré giorni di pioggia, in media, a Cles; di settantacinque giorni a Còredo.
I fenomeni di grandine sono rari, come quelli delle gelate, ma temuti per i possibili danni ai frutteti.
Variazioni microclimatiche sono state apportate dal grande bacino di santa Giustina che per altro si è inserito gradevolmente nel paesaggio vallivo.
Un capitolo a sè è rappresentato dal paesaggio della vite – groppello – sulle colline che precipitano verso il lago di Santa Giustina, ricordo di quella che era la coltivazione principale, quando la valle apparteneva all’Austria, assieme alla gelsicoltura che alimentava gli allevamenti di baco da seta.
Più in alto predominano i prati. I boschi cedui e di pino silvestre passano il testimone, alle quote elevate, ai larici e agli abeti che formano le estese foreste del Roèn. Più in alto ancora il pino mugo, l’ontano nano, il rododendro e tutti i fiori dell’alpe.
Alberi monumentali sono i tigli di Castel Valèr e di Castel Braghèr. Nel sottobosco una miriade di funghi, mirtilli, fragole, lamponi.
Il principale motivo di interesse faunistico è rappresentato dall’orso bruno i cui ultimi esemplari sono stati integrati con nuovi prelevati in Slovenia e che qui si sono perfettamente ambientati e vivono nelle zone boscose più impervie del gruppo del Brenta. Non mancano cervi, camosci, caprioli, qualche muflone, galli forcelli e cedroni. Nel cielo non è difficile vedere volteggiare l’aquila reale. Nel Noce e nei torrenti trote e salmonidi.
Una serie di disposizioni dettate con leggi della Provincia Autonoma riguardano la protezione dei boschi, di alcune specie della fauna inferiore, la protezione della flora alpina, una severa disciplina della raccolta dei funghi, la salvaguardia dei biotopi, la protezione dell’orso bruno, la tutela dei parchi e riserve naturali dall’inquinamento prodotto da aeromobili, la raccolta dei tartufi. Sempre con legge provinciale è stato istituito il Parco Naturale Adamello-Brenta.