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Era l'anno 1571, il 7 del mese di ottobre, quando la più grande battaglia della marina a remi della coalizione cristiana sconfiggeva il nemico turco a Lepanto smentendo la leggenda della sua invincibilità. |
Per quella vittoria
Papa Pio V glorificò la Vergine Maria dedicandole la festa di Nostra Signora
del Rosario, immagine poi raffigurata con rara bellezza nei quadri del
Veronese, del Vasari e del Dúrer. Si dice, e gli esperti consensualmente confermano, che la perfetta maturità del pennuto trovi il suo acme proprio nella prima settimana di ottobre e che il suo sacrificio si consumi il di' della Madonna, epoca in cui le cantine rigurgitano di vino nuovo e i granai di messi abbondanti, mentre i richiami delle "capponare" attendono solleciti prelievi. Già il Soderini (1526 - 1597) scriveva: «La carne di qual si vogli sorte d'anitre è assai più elegibile che non dell'oche, per essere più asciutta e più saporita e al gusto migliore". Or dunque: si sceglie l'anatra domestica con struttura a livrea simili alla germanata, dal becco giallo lungo e lamellato, dal piumaggio variopinto su fondo grigio. Preparata a dovere, va bollita. Un bel giorno, negli anni venti, lo chef Duilio Pierin, volendo accelerare il suo quotidiano pranzo, anziché far bollire l'acqua per gli spaghetti, preso da impeto famelico, immerse nel brodo dell'anatra larghe manate di quella pasta. Nell'attesa adagiò in una padella, a fuoco lento, il fegato della vittima in pezzetti omogenei con abbondante burro e salvia, innaffiati alla fine da buon Marsala. I profumi e i sapori sortiti dal connubio superarono ogni previsione. Nacquero così i rinomati "bìgoli", da "by'culus" o vermicello, ottenuti da farina di grano duro e pressati al torchio, il "bigolaro", storico arnese da cucina. E' piatto tipico della citta' che conduce appassionati gastronomi a tavola, cosicche' il convivio, "cum vivere", vivere assieme, si attui nella sua espressione più significativa, preceduto magari dal raffinato aperitivo la "Genziana con China", e seguito dalla fragranza della ormai nota "Treccia d'Oro" secondo la rielaborazione del Kranz, il dolce dell'imperatore in epoca mitteleuropea, portato a Thiene da Vienna nel 1919 dal capostipite delle famiglie Signorini. Se poi si avrà attenta scelta degli ottimi vini di zona per il miglior accostamento anche degli altri numerosi piatti, di cui la ristorazione thienese si è resa degna interprete, l'effetto della mitologica bevanda bacchica per la discesa equilibrata in noi dell"enthusiasmos" dionisiaco, ravviverà la visione delle opere d'arte di cui è particolarmente ricca la città, a cominciare dalla plastica fontana che immortale, come ombelico della, città "Bacco e Arianna", il dio romano del vino e la madre di Enàpio, il bevitore del vino, e di Stàfilo, l'uomo del grappolo, non a caso emblema dello stemma cittadino. | |