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MUSEI
VENETI
dell'industria e dell'artigianato
EDITORIALE
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Industria e artigianato,
sono questi i due poli attorno ai quali abbiamo costruito
questo numero monografico de “Le Tre Venezie”.
Il Veneto è terra ricca di storia, fascino, cultura
e unisce splendidamente gli antichi saperi e le arti manuali
ad una industria e tecnica sempre nuove ed aggiornate che
non vogliono soppiantare il passato bensì arricchirlo.
Moltissimi sono i musei che racchiudono al loro interno
elementi decorativi e tecniche degni di menzione, dalla
lavorazione del vetro, del legno, del tessuto, della ceramica
nelle sue varie forme a quelle più sofisticate legate
alla tecnica e alla meccanica.
Noi abbiamo cercato di esplorarli, cercando tutte le peculiarità
e gli aspetti salienti che li contraddistinguono anche attraverso
immagini suggestive e particolari.
Un ringraziamento ai Direttori dei vari musei e ai loro
collaboratori che solleciti hanno fornito materiale e quanto
necessario per la realizzazione di questa rivista e un sentito
ringraziamento anche alla Regione Veneto che tanto ha saputo
valorizzare un patrimonio che fa parte della nostra storia
e cultura.
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Sapere, saperi, fare, saper fare. In questo intreccio di parole
sembra racchiudersi la cifra di riconoscimento della continuità
di un Veneto caratterizzato storicamente dalla sua operosità:
ieri nell’artigianato, oggi nell’industria. Un “miracolo”
di regione che ha saputo evolversi in uno sviluppo virtuoso
dalla terra alla fabbrica. Il paesaggio, con i suoi mutamenti
che si avvicendano ai bordi delle strade statali e provinciali,
racconta, suo malgrado, quel miracolo. Ora sono cartoline con
colli dai profili ancora dolci, spettinati da arbusti, abbracciati
da nuvole orgogliosamente candide e da respiri lunghi di azzurro,
coccolati da silenzi umani e da voci di fauna e di bosco: immagini
che si rispecchiano nei ricordi che ognuno di noi si porta dentro
dei paesaggi di Giorgione, di Tiziano, dei Ciardi, di Ippolito
Caffi.
Ora, invece, sono fotogrammi, crudi come la documentazione di
un reportage, che impietosamente documentano la morte della
campagna veneta che ha visto “obliterare” i suoi
casoni, le sue corti contadine con la sovrapposizione sacrilega
di capannoni industriali, strade asfaltate, villette e supermercati:
è il frutto di quello che chiamano il commercio su gomma,
mezzo di comunicazione strano e straniero nella terra di chi
per secoli aveva dominato i mercati d’occidente e d’oriente
su mari e su fiumi. Nostalgia? Un po’ ne viene, specie
se condisci le riflessioni visive del paesaggio che hai nella
mente con la lettura di un agile opuscoletto che racconta di
musei e di campagne lungo le arterie d’acqua che sono
i nostri fiumi, ma che, soprattutto, racconta di una storia
(antica, già dal Medioevo) fatta di tante storie: “queste
terre, le “serenissime” campagne, sono intrise di
storia, comprese le cose, gli oggetti lasciati e conservati”.
I musei, dunque. Ancora una volta “luoghi di memoria”?
Certo, perché il museo è prima di tutto luogo
interiore, è spazio dove mente e cuore si uniscono, e
succede in stanze che si allestiscono di volta in volta sotto
i nostri occhi al richiamo di un ricordo, di un pensiero. “La
mia memoria è il tempo della mia identità: un
tempo che si può dilatare all’infinito, che può
contenere l’immensità del cosmo, uno spazio, cioè,
illimitato trattenuto in un luogo di dimensioni irrilevanti.
Tuttavia ho bisogno di un segno, di più segni, che mi
rendano consapevole di rappresentarmi come memoria che raccoglie
il passato e lo rende disponibile nel presente”.
I musei, dunque. Ce ne sono quasi trecento nel Veneto, e tra
questi la seconda categoria espositiva è quella dei musei
etnografici; altrettanto significativa è la quota di
quelli specializzati ovvero che testimoniano la specificità
di un territorio attraverso la produzione artigiana o imprenditoriale
di un prodotto locale (grappa, chiodo, campane, ceramica, paglia,
cuco, murrine) o di un prodotto che da quel luogo è partito
per far conoscere nel mondo l’industria veneta (il vetro
di Murano, il merletto di Burano, la calzatura di moda della
Riviera del Brenta, la scarpa sportiva di Montebelluna, gli
occhiali della Safilo e della Luxottica, l’arte tessile
di Venezia, la tecnica tipografica del Veneto tra Otto e Novecento).
Specializzati, in qualche caso persino a metà tra storia
dell’arte e storia della tecnica, sono anche quei musei
che conservano e documentano presenza ed evoluzione di “macchine”
e “meccanismi”: macchine per battere il ferro, per
tessere la seta, per stampare i libri, per seminare il grano,
per proiettare magiche visioni. C’è tutta una storia
nella cinquantina circa di musei che, disseminati nelle sette
province venete, conservano “la memoria delle mani sapienti”.
Una storia che racconta per oggetti messi in evidenza, nobilitati
quali “beni culturali”, in sedi espositive le vicende
di un nord-est e del suo miracolo economico di ex terra agricola
celebrati a lungo da saggi storici ed accademici.
la memoria è oggi per lo più svanita, come l’ebbrezza
di quel miracolo. Restano, invece, i musei che hanno raccolto
le testimonianze di vita contadina e che spesso li esibiscono
con una affascinante estetica “parossistica”: tale
è, infatti, il numero degli oggetti e la loro diversa
tipologia che stipano barchesse, fienili, capannoni, case contadine,
eppure con un ordine che segue, in ogni caso, un’idea
personale di bellezza nell’esporre. Restano i musei che
documentano la consapevolezza di un orgoglio imprenditoriale
in aziende piccole che hanno fatto grande la storia dell’industria
veneta: di ieri, di oggi. Il Veneto che guarda avanti, verso
il futuro, verso le nuove frontiere del fare e del saper fare
che sempre più si accompagnano all’attributo “tecnologico”,
non può e non deve dimenticare il passato che segna,
come un cippo, il luogo da dove veniamo, da dove viene quella
capacità di dare valore ai saperi. I musei segnano, come
tanti cippi ideali, il percorso della nostra memoria.
Dott.ssa Aurora Di Mauro
Responsabile uff. musei Regione Veneto
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