Treppo Grande

NATO DA UNA FOLGORAZIONE

 
L'ambiente naturale che tanto impressionò i fondatori del paese,
crea ancora oggi, un insieme armonico con i borghi rurali
e gli altri insediamenti abitativi.
 
     
 
tavano scappando dai “barbari” invasori. La pianura non offriva più protezione: per questo erano fuggiti da Aquileia e andavano verso nord. La paura di essere intercettati dal nemico era sempre più grande. Al calare della notte, una deviazione a ovest assicurò un temporaneo rifugio in una foresta, lontano dalle insidie della strada principale che conduceva al Norico. Il mattino seguente, il risveglio fu accompagnato da attimi di stupore e meraviglia: «videro tutto all’intorno una vaghissima scena di colline e in mezzo una valle tutta frondosa dalla quale veniva un olezzo soave di fiori selvatici, e più in là verso mezzogiorno la boscaglia si diradava e stendevasi per poggi più dolci un larghissimo pascolo».
Il ristrutturato borgo con la villa-castello di Zegliacco

È così che le due famiglie protagoniste di tale vicenda decisero di porre fine alla loro fuga e di stabilirsi in queste terre. Ed è così che nacque Treppo Grande, secondo quanto racconta nella metà dell’800 Ippolito Nievo, l’autore del celeberrimo Confessioni di un italiano. La lunga permanenza presso il castello di Colloredo, vicinissimo a Treppo, permise infatti allo scrittore di conoscere profondamente la gente del posto e dei dintorni. La storia delle origini del paese gli fu riferita da un «bifolco», che a sua volta aveva riportato quanto narratogli dal nonno. Pare dunque che queste due famiglie, scappate in seguito a una guerra e invasione nemica («non vi so dire se fossero Turchi, o Mori, o Francesi quelli che veniano»), fossero restate talmente impressionate dalla bellezza di questi luoghi che decisero di farli diventare la loro dimora definitiva. «La terra […] era fertile oltremodo, e saluberrima l’aere e l’acque assai propizie al prosperamento degli uomini e del bestiame, onde tutti ad una voce concorsero nel pensiero di restarsene colà, ubbidendo umilmente alle grazie del Signore che aveali guidati a quel punto di salvazione».
Ancora oggi il rapporto simbiotico tra insediamenti abitativi e aree verdi fa pensare a Treppo Grande come a una piccola oasi dove lasciarsi guidare dai ritmi della natura, avvolgere dai suoni della tradizione agricola, ammaliare dai panorami di cui si gode dai punti più alti del colle su cui è appollaiato il paese. A cominciare dal ricostruito borgo storico di Zegliacco, dominato da un castello che guarda verso le Preapi Giulie e Carniche e che si affaccia sul Cuel de Spie, una zona protetta caratterizzata da un insieme di lussureggianti colline, attraverso cui si snodano strade sterrate adatte alla mountain bike. Nell’area riposano i Pozzons, due laghetti di origine glaciale ammantati da una vegetazione acquatica a ninfee e popolati da diverse specie avifaunistiche, stanziali e migratorie. Vi sono poi diversi borghi da cui si può contemplare la Valle del Cormôr, che si dispiega tra le frazioni di Vendoglio e Carvacco: qui il torrente attraversa prati umidi e boschi di ontano nero, che costituiscono l’habitat di una ricca fauna selvatica.

Casa De Giorgio a Zeglianutto
Chiesetta di S. Anna con vista sulle colline
 

Paesaggio collinare dell'abitato di Treppo Grande

Completamente immersi nel verde, inoltre, sono quegli insediamenti chiamati “casali” (presenti a Treppo Piccolo e Vendoglio), in cui quasi ogni abitazione costituisce un’isola a sé, messa in collegamento con le altre da stradine campestri che invitano a scoprire questi paesaggi in groppa a un cavallo o in sella a una bicicletta.
Il connubio tra storia e natura è celebrato anche in innumerevoli edifici di origine rurale ubicati in punti panoramici o immersi in preziosi contesti naturalistici. Nella frazione di Zeglianutto si possono citare Casa Ponta, un bell’esempio di abitazione contadina del XVII secolo custodente un’elegante corte con loggiati, e Casa De Giorge, che presenta una facciata ad archi ribassati risalente alla fine del XVIII secolo. Nella frazione di Vendoglio, invece, meritano menzione Casa Basso, posta sul culmine di una collina e caratterizzata da ballatoi in legno e da un portico d’accesso sporgente dal complesso, e la vicina Casa Floreani, dalla tipica forma a “L”, con il lato minore dell’edificio disposto perpendicolarmente alla strada.
L’antica necessità difensiva di creare degli insediamenti in posizioni elevate ha fatto sì che fin dal XII secolo le abitazioni e le strutture di maggior importanza civile e religiosa fossero costruite sui promontori più alti del colle, su cui il nucleo abitato di Treppo si distende da Nord a Sud. È il caso di Villa Bellavitis, che sorge in uno dei luoghi più suggestivi del capoluogo e che secondo alcuni studiosi era anticamente sede di un castello. Le fa da “vassallo” la vicina chiesetta secentesca di Sant’Anna: da qui, la vista può spaziare sulle altre colline dell’anfiteatro morenico (Treppo è posizionato sull’ultima delle tre cerchie, quella più a nord), le quali in ogni ora del giorno esibiscono profili e sfumature diverse, come se fossero un soggetto rappresentato più volte dallo stesso pittore a seconda del suo stato d’animo.
Vi sono poi altri siti, anch’essi posizionati in punti “strategici” ed elevati, che celano segreti “castellani” in grado di destare la curiosità di esperti e profani. Sia nella frazione di Vendoglio che in quella di Carvacco, infatti, esistono delle località chiamate ancor’oggi cjscjelàt (lett. castellaccio), toponimo che testimonia che in queste sedi si ergevano in tempi remoti dei manieri. Per quanto concerne il cjscjelàt di Vendoglio, fa fede la torre campanaria della chiesa di San Michele, che non ebbe origine come parte di un edificio di culto, bensì di un fortilizio, come attestano i mattoni tardo-antichi (se non addirittura romani) presenti alla sua base. Da lì, inoltre, si vede in modo nitido il castello di Colloredo, quando è risaputo che era vitale per i manieri della zona essere posti in comunicazione tra loro, per difendersi con più forza in caso di invasione nemica.
Per quanto riguarda Carvacco, invece, è stata un’indagine sul campo a far emergere un rialzo, circondato da un fossato, in cui probabilmente si ergeva il Castrum Carvaci.
È il verde, dunque, il colore di Treppo Grande. Il verde dei suoi rigogliosi boschi, dei suoi dolci colli, dei vasti prati di cui pullulano le sue aree naturali protette. E dentro il verde riposano la storia e la tradizione. La storia di pietre antiche, la tradizione di un mondo agricolo che si esprime con preziose architetture.