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saffaccia al limite dellalta pianura friulana, incontra
il verde anfiteatro delle colline moreniche punteggiate di centri abitati;
fra questi si distinguono le linee di una città fatta di case,
palazzi, chiese e campanili, come altre in Friuli, se non fosse per
quel senso di armonia e suggestione che qui coinvolge, incuriosisce
ed invita alla scoperta. È San Daniele, centro geografico della
regione, «quasi teatro chabbia fatto larte, non la
natura», disse di lei Erasmo di Valvasone, poeta e storico del
XVI secolo.
Già la statale anticamente detta di Alemagna, che risale da Casarsa
a Osoppo, per immettersi nella Pontebbana e che lambisce
a ovest il colle Magnolino, cuore della città, ne anticipa anche
ad occhi distratti, i segni di una peculiare realtà urbana in
cui convivono bene lambiente e le strutture produttive rappresentate
da una lunga e ordinata teoria di edifici di varie proporzioni, colori
e stili, ma tutti con le inconfondibili finestre graticciate
a lasciar entrare laria buona dei colli: sono i prosciuttifici
dove lentamente, senza fretta, stagiona il vanto della gastronomia locale,
il celebre crudo di San Daniele, un miracolo della natura e della secolare
sapienza gastronomica di questa terra.
Dalla strada grande, si sale lasciandosi dietro la breve periferia di
via Battisti, la popolare Rive dal Cicul curata di villette e piccoli
condomini; una serie di edifici tra il liberty e il razionale annunciano
lavvicinarsi al centro cittadino. Come dincanto, si apre
allimprovviso piazza del Duomo, il salotto della città,
con il sacro edificio di fronte, maestoso e scenografico, adagiato sopra
unampia scalinata; a destra, il palazzo comunale, simbolo fin
dal Quattrocento dellautonomia e delle istituzioni democratiche;
a sinistra, dopo casa Mylini dal gusto neoclassico, il robusto Monte
di Pietà, eretto nel Settecento al posto dei banchi di pegno
della comunità ebraica. Da qui inizia la nobile via Garibaldi
su cui si affacciano i porticati di case e palazzi antichi con corti
e giardini dai quali si gode una vista mozzafiato.
Ciò che oggi si ammira sono scorci e luoghi dincanto da
dove locchio spazia sullampia e florida piana sottostante,
mentre par di intuire la presenza del genius loci che anima uomini e
natura, nel loro aspetto ameno o nella vicenda cangiante e fa scoprire
vere e concrete testimonianze di rara bellezza.
Non disturbano lordine delle cose, le alte impalcature metalliche
o i bracci delle gru e il lavoro delle grosse macchine che sbancano
il terreno e realizzano strutture ed aree attrezzate: sono interventi
necessari e funzionali, per adeguare i servizi alle crescenti esigenze
dei cittadini, nel rigoroso rispetto di spazi e paesaggio. Il piacere
di una passeggiata, la sosta nei tavolini allaperto dei diversi
e accoglienti locali, degustando una fettina di prosciutto o un filetto
di trota salmonata affumicata, la regina di San Daniele,
sorseggiando un tajùt di vino friulano, inducono ad osservare
ogni angolo ed aspetto di storia passata, parte insostituibile del presente.
La piazza e le sue vicinanze sono uno scrigno darte: il Duomo,
dedicato a San Michele, con la complessa facciata in candida pietra
dIstria segnata dai massicci portali in bronzo, recentemente scolpiti
da Nino Gortan, fu costruito nel XVIII secolo, conservando il campanile
del Cinquecento, su progetto di Giovanni da Udine e del Sansovino. Nella
chiesa si ammirano fra le altre, opere del Pordenone, dellAmalteo
e Tiepolo. Accanto, risaltano le forme del vecchio palazzo del Comune,
tipica costruzione pubblica del Friuli medioevale, con una loggia al
pianterreno e la sala delle adunanze al primo piano. È ancora
sede del Consiglio della città, oltre che centro di cultura classica
e storica di notevole importanza: vi è infatti raccolta la Biblioteca
Guarneriana, la più antica istituzione di pubblica lettura della
regione, una delle prime in Italia, nata nel 1466 dal lascito testamentario
dellumanista Guarnerio dArtegna. Ricca di codici prestigiosi,
molti dei quali finemente miniati i più antichi risalgono
agli anni attorno al Mille è conosciuta in mezzo mondo
e visitata da studiosi, ricercatori, turisti e ospiti. Per gli amanti
della cultura più
corrente, di fronte si trova un palazzo
utilizzato in età rinascimentale dal patriarca di Aquileia e
dalla sua corte nelle frequenti visite a San Daniele, più volte
rimaneggiato e nei secoli appena scorsi trasformato in albergo, ospita
adesso la funzionale e moderna biblioteca-mediateca.
Poco distante, resta il più antico edificio locale, la cosiddetta
Casa del Trecento ora degli Alpini sandanielesi che la custodiscono
con cura; vi hanno allestito un significativo Museo della guerra, quasi
un contrasto con il tocco gentile dei gerani sempre esposti alle piccole
finestre.
Dalla strada principale si apre a destra unarticolata serie di
vicoletti che conservano tracce di tempi molto lontani, come piccole
case ben ristrutturate, con curatissimi scoperti recintati che le ridotte
dimensioni non permettono di chiamare giardini, portici e muri in sasso
e poi una scalinata panoramica per scendere rapidamente dal colle. Qui
si trovano anche le vecchie prigioni mandamentali, trasformate in un
tipico ristorante e vicino, la chiesa tardogotica della Madonna della
Fratta, costruita a ridosso di un torrione della cinta castellana. La
ricostruzione di questi ambiti, seguita al disastroso terremoto del
1976, ha rigorosamente rispettato la tipologia abitativa originale e
ciò spiega quel senso di serena simmetria che colpisce il visitatore.
Sullaltro lato della piazza, altri aspetti inconfondibili di vita
passata: largo Cattaneo, un tempo mercato del grano, la porta di Tramontana,
chiamata Portonàt, ideata dal Palladio per chiudere la strada
verso lAustria. Nei pressi, si svolgeva una specie di olimpiade
del tiro che riuniva nobili e popolani in concitate gare a tirar
darco: «vincevano sempre quelli, i signori dArcano
o i rampolli locali».
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In
via Garibaldi, sincontra SantAntonio abate, altra chiesa
tardogotica, consorella dellomonima di Vienne in Francia e come
questa legata ai primi hospitali della storia, istituiti per soccorrere
poveri e pellegrini. La nostra, ha la facciata in pietra policroma abbellita
da un rosone incastonato come un gioiello e dal virtuosismo decorativo
dei lapicidi lombardi. La vera sorpresa è, però, allinterno
dove si ammira il più bel ciclo di affreschi del Friuli, eseguito
a partire dalla fine del XV sec., da Martino da Udine detto Pellegrino
da San Daniele, che le valgono il titolo di Piccola Sistina.
Scendendo da piazza Duomo, lungo la strada e nella periferia sottostante,
attorno al colle grande, luoghi di ristoro, raffinate enoteche con i
migliori vini della zona, osterie e trattorie tipiche e per tutti i
gusti accolgono lospite in un clima di schietta familiarità
e si accompagnano a negozi di piccole e medie dimensioni; la cortesia
è di casa, unita a proposte di classe in unampia varietà
di merci: abbigliamento, calzature, bigiotteria, specialità gastronomiche
e altro ancora.
Non mancano i luoghi storici come la chiesa di Madonna di Strada del
XVII secolo, il secentesco chiostro dei Domenicani, il vecchio ospedale,
ora Museo civico con importanti sezioni archeologiche, artistiche ed
etnografiche.
Lo spettacolo che si ammira dal colle è affascinante e spazia
dalle Prealpi ai paesi sui dossi, al Tagliamento, al laghetto incastonato
fra dolci rilievi, quasi erbosi cuscini a protezione della natura. Su
uno di questi la comunità ebraica locale ha costruito nel 1735
il suo cimitero.
Ambiente e paesaggio, uomini e idee, arte e cultura, operosità
e saggezza, storia e tradizione fanno di San Daniele un angolo di mondo
che è testimonianza concreta di qualità della vita.
Già ne parlò il conte Girolamo da Porcia nella sua Descrizione
della Patria del Friuli: «Castello bellissimo
terra assai
grande, ben accasata e ben popolata di uomini civili e ricchi
».
Era il 1567.
Così con un tale patrimonio darte e di cultura, San Daniele,
non poteva mancare allincontro con la filosofia proposta
da Città Slow, Associazione ormai divenuta internazionale, a
cui il Comune aderisce fin dalla sua fondazione, perseguendo gli obiettivi
del lento buon vivere coniugato con le politiche dello sviluppo
ecosostenibile.
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