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Un progetto incompiuto
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IL PORTO
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Il
Sile, via d’acqua, in passato ha favorito i traffici con la Serenissima,
oggi avrebbe dovuto soddisfare le esigenze di una realtà economica ed industriale in espansione. |
Dotare
la città di Treviso di un porto fluviale è, all’indomani
della seconda guerra mondiale, il sogno nel cassetto di quanti vivono
la realtà economica del capoluogo al centro di una vasta area fertile
che fonda la sua ricchezza sui proventi dell’agricoltura e guarda allo
sviluppo della media impresa che ha bisogno di strutture per i suoi traffici
commerciali. |
passando per Altino, allora scalo e centro viario di significativa
importanza nel Veneto. La sua funzione non si esaurisce con la caduta dell’Impero
Romano e la distruzione della città di Altino, ma continua per tutto
il Medioevo e l’avvento della Serenissima che, impegnata ad espandersi nella
terraferma, utilizza il Sile per il trasporto delle derrate alimentari,
soprattutto del sale di cui mantiene il monopolio fino al 1500. In
questo periodo le imbarcazioni attraccano in Riviera Margherita dove si
trovano anche le postazioni doganali. |
I burci vantano una capienza di circa
1.800 quintali consentendo il trasporto di un volume commerciale considerevole,
dati i tempi. |
navigabili dell’alta Italia. Diverse sono le ditte del trevigiano che si servono del trasporto fluviale (Tognana, Fontebasso, Appiani, Gregori Stucky, per fare alcuni nomi). Ad esse, nel 1937 si aggiunge la Chiari & Forti che installa a Silea i primi impianti per la lavorazione di materie prime e la realizzazione di prodotti che tanto successo raccolgono sul mercato. Risale, dunque, al secondo dopoguerra l’idea di dotare la città di Treviso di una struttura portuale. Al momento solo Chiari & Forti e qualche mangimificio della zona continuano a servirsi della corrente del Sile e la città, intenta nella ricostruzione, sollecita contributi anche per impegnare proficuamente la manodopera locale che chiede uno sbocco. |
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